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«Inflation Trial For Olympic Rainbow», di Otto Piene. © 2023/2024 Pro Litteris, Zurigo; Otto Piene Estate. Foto Jean Nelson, Otto Piene Archive

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«Inflation Trial For Olympic Rainbow», di Otto Piene. © 2023/2024 Pro Litteris, Zurigo; Otto Piene Estate. Foto Jean Nelson, Otto Piene Archive

Con Otto Piene si riparte da Zero

Al Museum Tinguely le opere dell’artista tedesco di fine anni Sessanta e inizio Settanta

Luana De Micco

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Dal 7 febbraio al 12 maggio il Museum Tinguely invita a riscoprire il lavoro di Otto Piene, esponente dell’Arte cinetica, con la mostra «Paths to Paradise». In un percorso tematico sono esposti i lavori più significativi di Piene, artista tedesco, naturalizzato statunitense, scomparso a Berlino nel 2014 a 86 anni: «Il desiderio di Otto Piene di creare un mondo più armonioso, pacifico e duraturo è al centro di questa esposizione monografica che si concentra sulla sua visione di artista: far esplodere le frontiere dei medium artistici tradizionali e ridisegnarli sotto forma di paesaggi atmosferici», sottolinea il museo in una nota.

Nel 1957 Piene, che aveva studiato all’Akademie di Düsseldorf e all’Accademia di Monaco di Baviera, cofondò, insieme a Heinz Mack, il collettivo Zero, gruppo di artisti internazionali a cui aderirono tra gli altri Yves Klein e Jean Tinguely e diversi italiani, tra cui Lucio Fontana, Dadamaino, Piero Manzoni ed Enrico Castellani. Un gruppo senza leader né gerarchia, per il quale il punto zero rappresentava un nuovo inizio per l’arte dopo il vuoto lasciato dalla guerra mondiale, in un’epoca di ricostruzione, ottimismo, promesse e progresso tecnologico. «La luce è il mio medium», diceva l’artista.

Alla fine degli anni Sessanta, Piene, che viveva tra gli Stati Uniti e la Germania Ovest, cominciò a trascurare il gruppo Zero (che si sciolse nel 1967) per dedicarsi alla Sky art, fondata su una dimensione tecnologica dell’arte. Il museo svizzero si concentra in particolare su questa fase di transizione e sulle opere prodotte in questo periodo, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. Sono allestite le installazioni monumentali, le sculture cinetiche, le pitture su griglie, i progetti multimediali e le opere d’arte digitale, ma anche lavori raramente esposti e documenti d’archivio inediti, fotografie e video.

Tra le installazioni immersive, «The Proliferation of the Sun» (1967) e, per la prima volta, anche alcune versioni precedenti di quest’opera, meno note, e «Fleurs du Mal» (1969). Tra le sperimentazioni con la televisione e le proiezioni luminose, «Black Gate Cologne» (1968) e «The Medium is the Medium» (1969). Tra i lavori mostrati di rado, l’installazione gonfiabile «Anemones: An Air Aquarium», presentata a Manhattan nel 1976 e restaurata per l’occasione.

Particolare rilievo viene dato ai disegni che, secondo il museo, fanno parte integrante del processo creativo di Piene e che permettono di reinterpretare sotto una nuova luce il suo lavoro e la varietà della sua pratica artistica. Sono esposti diversi quaderni di schizzi in dialogo con le opere e le tematiche centrali, la riproduzione seriale, la rappresentazione del movimento e delle vibrazioni, il monocromatico: «Lo schizzo, scrive ancora il museo, rappresenta il potenziale che Otto Piene attribuiva alla sua arte: contribuire all’evoluzione della società, superare la divisione tra arte e tecnologia, affrontare gli squilibri ecologici e soprattutto contribuire a un mondo più pacifico, unito dall’arte».
 

«Inflation Trial For Olympic Rainbow», di Otto Piene. © 2023/2024 Pro Litteris, Zurigo; Otto Piene Estate. Foto Jean Nelson, Otto Piene Archive

Luana De Micco, 05 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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