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Bruno Muheim
Leggi i suoi articoliIl quattro maggio a Parigi ha avuto luogo l’ultimo capitolo della «recherche du temps perdu». Il funerale di Laure de Beauvau Craon si è svolto nello stesso modo dell’ultimo ricevimento della principessa di Guermantes, segnando la fine di un’epoca. Duchi, ex primi ministri, mogli di presidenti della Repubblica, altezze reali, antiquari, mondani, veri amici, ex nemici che avrebbero cambiato marciapiede per evitare il giudizio del suo occhio rigoroso erano presenti per un ultimo omaggio nella chiesa di Saint-Louis-en-l’Île a Parigi. Mancavano solo i suoi numerosi amici defunti (alcuni, come Alexis de Rédé, avevano richiesto ai loro eredi di vendere le loro collezioni attraverso Sotheby’s); del resto Proust, alla riapertura del salone della principessa dopo la guerra, passa in rassegna tutti gli assenti con il ricordo.
Limitare la vita di Laure de Beauvau a un solo atto mondano è sicuramente riduttivo, ma il suo modo di mescolare vita professionale, affetti e vita sociale appartiene a un’epoca ormai trascorsa. Laure nasce in una famiglia aristocratica con la giusta goccia di sangue americano: era figlia di un alto ufficiale delle forze armate francesi, figura di rilievo della Resistenza. Era assolutamente consapevole dell’importanza della sua famiglia, ma anche dei doveri conseguenti. Figlia di militare, obbediva e sapeva comandare. Ha sempre avuto un rapporto naturale con il denaro, adorava la «café society» ma era anche molto rispettosa del mondo accademico. Nata in un ambiente tradizionalista in cui la donna non lavorava, ha ricoperto le più alte cariche. Giovane vedova senza figli, si era creata una famiglia affettiva ed era punto di riferimento dei suoi numerosi nipoti.
Fino agli anni Novanta Christie’s e Sotheby’s funzionavano un po’ come dei circoli in cui il potere veniva esercitato solo da soggetti altolocati con un certo livello di cultura. Un esperto doveva conoscere sia i venditori sia i compratori del suo settore ed essere capace di produrre cataloghi di alta qualità scientifica e di dirigere il proprio reparto. Era un’epoca diversa: un quadro di oltre un milione di dollari era quasi inimmaginabile alla fine degli anni Settanta, per cui la tensione verso il rendimento massimo era quasi sconosciuta. Il mercato viveva grazie alle opere di fascia media, i costi dei cataloghi e del marketing erano ridotti al minimo. Oggi, al contrario, molto spesso lo chief executive officer si mette in contatto con i venditori potenziali, il servizio clienti chiama i potenziali acquirenti, tutta l’amministrazione è concentrata in altre mani, l’esperto produce cataloghi stracolmi di notizie inutili per i lotti importanti e privi di quelle minime per quelli più ordinari; inoltre le spese di marketing assorbono qualsiasi possibilità di guadagno. D’altra parte la maggioranza degli esperti della vecchia gestione, consapevoli di dominare tutte le fasi del mercato dell’arte, si sono messi in proprio con grande successo.
Rimangono alcuni della vecchia guardia, come Mario Tavella, l’erede voluto da Laure alla guida di Sotheby’s Francia. Il merito storico maggiore di Laure è sicuramente quello di aver ottenuto dal Governo transalpino l’autorizzazione per le società estere di organizzare delle aste in Francia, cancellando così il monopolio dei commissaires-priseurs, durato ben cinque secoli. Non si trattò di condurre una lotta feroce contro il Governo. Laure fece molto di più: un difficilissimo lavoro di lobbying all’interno di Sotheby’s. Contemporaneamente il cittadino statunitense Al Taubman comprava Sotheby’s. Per il management londinese questo era veramente troppo: da una parte una proprietà americana, dall’altra il risveglio del mercato francese, il tutto ovviamente a detrimento di Londra, vecchia, tradizionale metropoli delle aste.
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