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Una retrospettiva nel centenario del designer
Il Triennale Design Museum rende omaggio, a cento anni dalla nascita, a Ettore Sottsass (Innsbruck 1917-Milano 2007), con una mostra curata da Barbara Radice sotto la direzione di Silvana Annichiarico, allestita da Michele De Lucchi e Christoph Radl e accompagnata da un catalogo e da un libro. Il volume Ettore Sottsass. There is a Planet è un progetto dei primi anni Novanta ideato per l’editore tedesco Wasmuth ma mai realizzato, edito oggi da Electa. Cinque le partizioni del libro, che raccoglie fotografie «sull’abitare» scattate da Sottsass nei suoi viaggi nel mondo, accompagnate da suoi testi.
La mostra aperta sino al 25 marzo porta lo stesso titolo, ma è divisa in nove stanze, i cui temi sono stati identificati negli scritti di Sottsass («mi raccomando, non Sòttsass ma Sottsàss: significa sotto i sassi» diceva lui, rivendicando le origini montanare) e toccano tutti gli ambiti del suo lavoro, esteso dall’architettura al design, alla fotografia, dal disegno alla pittura, agli oggetti e ai mobili, dalle sculture ai vetri, alle ceramiche, fino all’attività editoriale e agli scritti.
Ordinate in una successione cronologica, che non esclude però liberi sconfinamenti, le stanze s’intitolano «Per qualcuno può essere lo spazio (fino al 1955 circa)», «Il disegno magico (anni ’50 e ’60)», «Memorie di panna montata (anni ’60)», «Il disegno politico (anni ’70)», «Le strutture tremano (anni ’70, inizio ’80)», «Barbaric design (anni ’80)», «Rovine (anni ’90)», «Lo spazio reale (anni ’80 e ’90)», «Vorrei sapere perché... (fino al 2007)»: tutti titoli «autografi», tratti da suoi scritti o da nomi di oggetti o di opere che hanno avuto un ruolo cardine nel suo percorso.
Oltre alle nove stanze-temi, altri lavori si susseguono nella galleria sulla quale esse si affacciano. Qui, lungo una delle pareti, sono esposte opere che hanno attinenza con quelle delle sale; lungo l’altra scorrono invece le fotografie da cui ogni progetto è germinato, insieme alla raccolta inedita delle «Ragazze di Antibes», dei primi anni Sessanta.
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