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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliFirenze. In una città divorata dal turismo mordi e fuggi, che si accalca in pellegrinaggio alle mete più note, a patirne sono molti luoghi di eccezione che pur ospitano capolavori di maestri celeberrimi quali Perugino, Andrea del Castagno, Domenico Ghirlandaio, la cui visione sarebbe fondamentale per comprendere l’arte del Rinascimento, e che invece, per mancanza di personale, tutto concentrato nei musei principali e più affollati, possono usufruire di un’apertura assai limitata, se si eccettua il Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto in via di San Salvi, che gode invece di aperura regolare.
Agli sforzi del Polo museale della Toscana, alla cui direzione è Stefano Casciu, per assicurare comunque la fruizione di quei monumenti e comunicarne l’esistenza, gli orari di accesso e le attività che vi si svolgono tramite il sito www.polomusealetoscana.beniculturali.it, si aggiunge la collaborazione offerta dagli Amici dei musei e dei monumenti fiorentini, l’associazione di volontariato, ora presieduta da Eugenio Giani (presidente del Consiglio regionale), che da oggi permette di estendere, con visite guidate gratuite, l’apertura del «Cenacolo di Ognissanti», alla cui direzione è Cristina Gnoni Mavarelli, dove si trova l’affresco di Domenico Ghirlandaio; si potrà infatti accedere un giorno in più (il sabato), rispetto al solo lunedì. L’associazione (www.amicideimusei.it), offre già il suo appoggio prezioso ad altri monumenti: il Museo e la Chiesa di Orsammichele, pagina importantissima dell’arte fiorentina fin dal Trecento, la cui estensione nell’orario di apertura ha permesso nell’ultimo anno l’accesso di 45mila visitatori in più, il «Cenacolo di sant’Apollonia», con l’affresco di Andrea del Castagno, la Sala Capitolare della Chiesa di Santa Maria Maddalena dei Pazzi con il «Cenacolo» di Perugino (cui si accede dal Liceo Michelangiolo); senza dimenticare un must del primi Cinquecento, eppure poco noto, ovvero il ciclo di affreschi a monocromo di Andrea del Sarto e Franciabigio, raffigurante le «Storie di San Giovanni Battista» nel Chiostro dello Scalzo. Ma anche l’Accademia delle Arti del Disegno, la Chiesa di San Carlo, Casa Martelli e Casa Rodolfo Siviero.
L’«Ultima cena» nel Cenacolo di Ognissanti dipinto da Ghirlandaio nel 1480, come lo sono quelli di San Marco e di Badia a Passignano (recentemente restaurato a cura dei Friends of Florence), è ritenuta un’opera fondamentale nella carriera dell’artista, che ambientò la scena fingendo una loggia aperta nella parete di fondo della sala nella quale i frati Umiliati consumavano i loro pasti, seguendo pittoricamente la stessa scansione architettonica dell’ambiente, fino a ottenere un effetto realistico, come anche la mensa imbandita con la tovaglia ricamata con ippogrifi a punto Assisi, disseminata di brocche e vassoi di ottone e stagno. Densa è invece la simbologia, qui ricordata solo tramite alcuni esempi: le numerose ciliegie sparse sulla tovaglia (tanto da far soprannominare quest’opera «il cenacolo delle ciliegie»), che alludono alla passione di Cristo; la lattuga, simbolo di penitenza; il fagiano, che rimanda alla immortalità dell’anima; il pavone, con gli occhi nelle piume simbolo della omniscienza divina; il piccione, simbolo invece del male, così come lo sparviero che attacca l’anatra (le gioie celesti), la quale è però soccorsa dalla quaglia (il giusto vittorioso che si immola). I cipressi alludono alla morte e i cedri e le arance tra le fronde alle gioie del Paradiso.
L’affresco, nel corso del distacco avvenuto alcuni anni prima dell’alluvione, quando fu restaurato da Lionetto Tintori, rivelò la sua sinopia, ora esposta nella stessa sala, importante testimonianza della qualità disegnativa del Ghirlandaio e della prima concezione della scena.

L'Ultima Cena del Ghirlandaio nel Cenacolo di Ognissanti
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