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Terre Borromeo, Castelli di Cannero

Photo: Susy Mezzanotte

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Terre Borromeo, Castelli di Cannero

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Castelli di Cannero: grazie a innovazione e ingegneria la rovina è una poesia

Nell’ambito del circuito Terre Borromeo i due ruderi su isolotti del Lago Maggiore il 28 giugno aprono al pubblico che li raggiungerà in barca e percorrerà un itinerario sospeso. Un apparato multimediale illustrerà la bellezza della «non-ricostruzione» di questo museo di sé stesso

Germano D’Acquisto

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Ci sono rovine e rovine. Quelle che si sgretolano nell’oblio e quelle che, invece, si fanno architettura della memoria. I Castelli di Cannero, due fortezze incastonate su altrettanti scogli del Lago Maggiore, appartengono alla seconda categoria. E dal 28 giugno, dopo un lungo restauro sono pronti a tornare visibili. Ma attenzione: non aspettatevi l’ennesimo maniero tirato a lucido per compiacere l’immaginario da cartolina. Qui il concetto è un altro. Più sofisticato, più poetico, più coraggioso.

Il progetto, promosso dalla famiglia Borromeo e curato da Rino Simonetti, ha fatto della rovina il suo manifesto. «I Castelli di Cannero sono una rovina nell’acqua. E il restauro rispetta questa immagine storicizzata e crea un percorso di visita sulle rovine raggiungibile solo in barca. Quindi è un museo di sé stesso», racconta Simonetti. Il risultato? Un’esperienza museale che non si limita a raccontare la storia, ma ti ci fa entrare dentro.

Niente ricostruzioni romantiche, solo pietra, acqua, vento e un’architettura minimale che accompagna senza invadere. Le passerelle in acciaio e teak disegnano un itinerario sospeso, recuperando anche i cammini di ronda, mentre le carpenterie in larice si inseriscono con discrezione tra i resti medievali. È un museo che si visita camminando tra le crepe, ascoltando il silenzio. E anche gli interni mantengono questa sobrietà: una sezione archeologica, qualche arma, documenti, frammenti di storia. Il resto lo fa il paesaggio. Perché qui tutto parla. Dai ruderi alle acque che lambiscono i basamenti. L’unico modo per raggiungerli è in barca; come a dire: se vuoi vederli, devi meritarteli. Una soglia simbolica che separa il mondo comune da questo luogo sospeso.

Terre Borromeo, Castelli di Cannero, Corte Malpaga. Photo: Susy Mezzanotte

Terre Borromeo, Castelli di Cannero. Photo: Susy Mezzanotte

Il restauro è anche una lezione di ingegneria invisibile: oltre 50 tonnellate di malta di calce, 100 di carpenterie metalliche premontate in officina, chilometri di cavi nascosti per garantire energia, fibra e sicurezza. Ma la vera impresa è stata quella culturale: scegliere di non intervenire dove non serviva, lasciare che la rovina parlasse da sola.

E poi c’è il lavoro di Dotdotdot, lo studio milanese che ha firmato l’apparato multimediale con garbo e intelligenza. Una app di visita accompagna il pubblico in una narrazione discreta e immersiva. Alcuni momenti multimediali punteggiano il percorso, ma senza rubare la scena all’unico vero protagonista: il luogo. 

«Il territorio e l’heritage, spiega la cofounder di Dotdotdot Laura Dellamotta, si possono raccontare in molti modi: il migliore è quello che aspira a un rapporto empatico col pubblico. Questo approccio nasce dall’equilibrio tra due fattori apparentemente opposti. Da un lato, la storia, che va trattata con rispetto e con un approccio scientifico; dall’altro, la necessità di parlare a chi vive nel presente, ricorrendo a linguaggi aperti e inclusivi. È proprio questa la forza di un approccio che unisce storytelling, design inclusivo e tecnologia».

La riapertura dei Castelli di Cannero, oggi parte del circuito Terre Borromeo con Isola Bella, Isola Madre e Rocca d’Angera, è una dichiarazione d’intenti. Non si tratta solo di restituire al pubblico un bene architettonico, ma di proporre un altro modo di pensare il restauro: non come maquillage, ma come gesto etico. Preservare la rovina significa accettare che non tutto debba tornare com’era. Anzi, che proprio ciò che manca può raccontare meglio ciò che è stato. 

In un’epoca in cui la cultura sembra spesso confusa con l’intrattenimento, i Castelli di Cannero ci ricordano che la bellezza può anche essere imperfetta, misteriosa. E che ogni rovina, se rispettata, può diventare una promessa. O una poesia.

Terre Borromeo, Castelli di Cannero. Photo: Susy Mezzanotte

Germano D’Acquisto, 12 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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