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Carlo Alfano. Foto di Mimmo Jodice

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Carlo Alfano. Foto di Mimmo Jodice

CONTINENTE ITALIA | Carlo Alfano

Artisti italiani, virtuosi non virtuali: le tecniche, i temi e le quotazioni di mercato dei nomi più votati dell'inchiesta

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Redazione GdA

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Carlo Alfano è nato a Napoli nel 1932 dove ha vissuto e studiato prima di diventare pittore e disegnatore. Morì nella stessa città il 25 ottobre del 1990. Fin dagli esordi della pittura figurativa informale, Alfano si distingue per non appartenere mai veramente ad un movimento specifico pur sperimentando molto ed entrando in rotta di collisione con molte ricerche visuali e formali del suo tempo. Dopo aver sperimentato le modalità dell’espressionismo astratto e dell’informale europeo negli anni Cinquanta ed essersi riferito alle esperienze ottico-cinetiche alla fine degli anni Settanta, Alfano si dedicata ad una ricerca sulla temporalità: una cifra poetica che definirà il suo lavoro nei decenni. In tutta la sua opera è costante l’interrogarsi circa il senso esistenza umana.

«Alfano intende la “temporalità” come auto-riflessione sulla durata, come ricerca di uno spazio-tempo aperto dell’essere in cui il sé si distingue dall’altro; un tema affrontato in particolare nei primi cicli degli anni ottanta Eco-Narciso e Eco-Discesa e, successivamente, nel ciclo Figure, nei quali l’artista esplora la figura del doppio, nello specifico della figura di Narciso, sperimentando il concetto di duplicità, inteso come condizione di ambiguità in cui giocano il reale e il suo riflesso.

Tutto oscilla fra queste due dimensioni. Lo spazio nero ricorrente in queste opere dà forma visibile al concetto di profondità e sulla soglia insondabile del colore compare la figura umana. Le tele, spesso tagliate, sembrano indicare la frattura dell’individuo, poi ricomposta attraverso una fitta trama di fili. La scissione e la perdita di centralità dell’individuo caratterizzano le opere del ciclo Figure, dove i corpi si sdoppiano specularmente, si dividono o sono rappresentati di spalle nell’atto di varcare una metaforica soglia, fino a smaterializzarsi in spazi cromaticamente densi, grigi, neri e blu saturi, che li avvolgono.

In queste opere, come quella in collezione, l’artista si sofferma a cogliere appunto l’esatto momento in cui, rispecchiandosi, la figura si scinde per divenire altro da sé, perdendo i propri confini spaziotemporali.

La serie degli “autoritratti anonimi”, iniziata nel 1969 e continuata ininterrottamente dall’artista fino alla sua morte, pone poi al centro della propria indagine la componente temporale della percezione e spinge alle estreme conseguenze la ricerca dell’artista, tesa a indagare le ragioni interne alla rappresentazione, avvalendosi di un continuo approfondimento fenomenologico e conoscitivo ispirato da interessi letterari e filosofico-antropologici che spaziano da Shakespeare a Cervantes, da Proust a Joyce a, su tutti, Michel Foucault.

Gli autoritratti, costituiti da frammenti di suoni, pause e scansioni di tempo riportati su tela come in una partitura, sono costruiti rappresentando in scrittura lo scorrere del tempo che l’artista vive in prima persona, i suoni e le frasi che ascolta o legge, i pensieri che sopraggiungono nella sua mente. Ogni capoverso scandisce un momento successivo in cui l’artista è ritornato sull’opera.

Questo modo di concepire il ritratto pittorico come un “ritratto interiore” consente all’osservatore di immedesimarsi nell’opera e di vivere a sua volta (leggendola sulla tela) la porzione di tempo vissuta dall’artista. “L’archivio, la nominazione, la distanza della rappresentazione, il ritratto, l’autoritratto frammentato e anonimo – è Angelo Trimarco a sottolinearlo – divengono, così, i luoghi del suo lavoro, la scena sulla quale mettere alla prova le nozioni sovrane del soggetto, della somiglianza, della temporalità. L’autoritratto è, poi, di questo spazio figura cruciale per riflettere sulla pratica della pittura, sulla sua stessa possibilità, al di là del soggetto – l’autore – che le conferisce pienezza di senso”. La realtà del quadro offre dunque una lettura aperta di spazio e tempo, mentre la coesistenza sincronica di eventi contemporanei si pone come speculare al nostro spazio/tempo presente. Alfano invita a prendere atto degli spazi del silenzio, ad entrare nel meccanismo della rifrangenza e nell’implicita qualità riflessiva dell’opera».

Carlo Alfano, Napoli, 1932-90 
Gallerie e prezzi
• Lia Rumma (Napoli, Italia)

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Una mappa dell'arte italiana nel 2021
 

Carlo Alfano. Foto di Mimmo Jodice

Redazione GdA, 06 aprile 2021 | © Riproduzione riservata

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