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La sede di epoca asburgica delle attuali Gallerie delle Prigioni di Treviso. Cortesia Le Gallerie delle Prigioni, Treviso

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La sede di epoca asburgica delle attuali Gallerie delle Prigioni di Treviso. Cortesia Le Gallerie delle Prigioni, Treviso

Benetton nelle Carceri asburgiche (a passo di danza)

Le Gallerie delle Prigioni a Treviso compiono un anno: un primo bilancio

Veronica Rodenigo

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È trascorso più di un anno dalla rinascita delle ottocentesche carceri asburgiche a nuovo spazio culturale ed espositivo nel cuore della città del Sile. Acquistate insieme all’attiguo ex tribunale nel 2013 da Edizione Srl (la holding interamente controllata dalla famiglia Benetton) e oggetto di un attento restauro a firma di Tobia Scarpa, le Gallerie delle Prigioni hanno inaugurato nell’aprile 2018 esponendo a rotazione la collezione di Imago Mundi, progetto no profit di Luciano Benetton che durante i suoi viaggi ha commissionato ad artisti di ogni continente opere di piccolo formato giungendo a raccogliere oltre 25mila lavori afferenti a 150 Paesi.

Non sono solo, però, una fissa dimora per un progetto nato nomade (numerose in passato le esposizioni temporanee nella nostra Penisola e all’estero) bensì un luogo, come precisa il direttore delle Gallerie, Enrico Bossan, dove poter dare libera espressione a un progetto di ricerca in continua evoluzione e voce ad artisti, curatori emergenti, minoranze anche con incontri, seminari, programmi educativi.

Oggi, a un primo bilancio, quell’intento iniziale può dirsi raggiunto. Un team curatoriale proveniente dalla fucina creativa di Fabrica, cinque mostre tematiche scelte sempre aderendo all’identità e ai valori di Imago Mundi («Sahara: What is written will remain»; «I say yesterday, you hear tomorrow. Visions from Japan»; «Poetic Boom Boom», «The Ground We Have in Common» in dialogo con la mostra per il 30mo Premio Carlo Scarpa per il Giardino della Fondazione Benetton Studi Ricerche e «When you dance you make me happy», in calendario fino al 10 novembre) che hanno intrecciato nuclei della collezione a lavori di altri artisti contemporanei già affermati e non (anche attraverso opere appositamente commissionate, video e installazioni) per un totale di 60mila visitatori.

Tra le anticipazioni: un programma d’incontri con giovani curatori e giovani collezionisti, un nuovo progetto espositivo (che verrà presentato il 9 ottobre a Londra) in collaborazione con l’Aga Khan Museum (e focalizzato sul mondo islamico) e la mostra primaverile dedicata a quella che può considerarsi una nuova raccolta all’interno di Imago Mundi: Art Theorema. In tutto 231 opere di 203 artisti provenienti da 104 Paesi e selezionate da una decina di curatori.

Intanto gli spazi che sino agli anni Cinquanta furono luogo di reclusione, ritmati dalla partizione delle celle, custodiranno l’ultima proposta a cura di Nicolas Vamvouklis. «La Danza», cui fa menzione il titolo, è intesa come forma espressiva di un viaggio che dall’introspezione conduce ad atti performativi, pubbliche parate o azioni di protesta. Particolarità di quest’ultimo appuntamento: le opere di Imago Mundi vengono poste in stretta rispondenza con un’altra personale collezione di Luciano Benetton.

Highlights sino ad ora mai esposti e parte di un corpus poco noto che pare conti in tutto mille lavori ancora una volta selezionati personalmente nell’arco temporale di una vita. «When you dance you make me happy» è la prima occasione che ne svela al pubblico l’esistenza.

Tra questi, Joseph Kosuth con l’installazione «Réflecteur de Réflecteur» (2004) che accoglie lo spettatore, punto di partenza per l’indagine introspettiva; Lynette Yiandom-Boakye («Pass», 2011) presente alla Biennale veneziana in corso con la prima partecipazione del Ghana; le parate di Dapper Bruce Lafitte e della sua New Orleans ritratte con minuzia e Nick Cave, ballerino e artista performativo che porta a Treviso i suoi «Soundsuits»: vere e proprie sculture indossabili la prima delle quali venne creata nel 1992 come reazione al pestaggio dell’afroamericano Rodney King.

Esse celano per intero l’identità e il genere di chi le veste diventando al contempo, con la loro eccentrica unicità, un atto di affermazione quasi ribelle. È con uno di essi, dalla maschera felina e da una struttura ramiforme sulla quale si affollano sculture d’uccelli, che si chiude quest’ultimo viaggio.

La sede di epoca asburgica delle attuali Gallerie delle Prigioni di Treviso. Cortesia Le Gallerie delle Prigioni, Treviso

Veronica Rodenigo, 15 ottobre 2019 | © Riproduzione riservata

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Benetton nelle Carceri asburgiche (a passo di danza) | Veronica Rodenigo

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