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Veduta dell’installazione «Forever» (2017-18), di Barbara Kruger. Cortesia dell’artista e di Sprüth Magers. Foto: Timo Ohler

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Veduta dell’installazione «Forever» (2017-18), di Barbara Kruger. Cortesia dell’artista e di Sprüth Magers. Foto: Timo Ohler

Barbara Kruger dal museo alla strada

Le immagini della fotografa americana sui grandi temi irrisolti della società contemporanea arrivano alla Serpentine di Londra

Mario Alberto Ratis

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«Sarebbe bello se i miei lavori diventassero arcaici, se le questioni che cercano di presentare, i commenti che cerco di suggerire non fossero più pertinenti. Purtroppo, al momento non è così». E in effetti, le opere di Barbara Kruger (Usa, 1945) spesso esplorano e mettono a nudo i complessi meccanismi che si celano dietro i grandi temi irrisolti della società contemporanea, che siano i rapporti di potere, il capitale o le differenze di genere e classe. In forma di immagini e parole, si rivolgono direttamente a noi spettatori con critica e sarcasmo per mettere in crisi le certezze e le aspettative sul mondo che viviamo.

Con «Thinking of You. I Mean Me. I Mean You», Barbara Kruger torna a Londra dopo oltre vent’anni di assenza per una mostra personale alla Serpentine South Gallery che ne celebra lo stile, oggi ampiamente riconosciuto, e la sua continua attualizzazione. Il progetto allestitivo site specific, curato dall’artista in stretta collaborazione con Natalia Grabowska, consiste infatti in un incontro inedito fra alcune opere iconiche e le versioni rielaborate e ritrasformate negli ultimi anni. Il risultato è una selezione unica di installazioni, immagini in movimento e paesaggi sonori, presentata per la prima volta fuori dagli Stati Uniti, dal primo febbraio al 17 marzo. «Non una retrospettiva, né un’installazione cronologica, bensì una “mostra nella mostra», precisa il direttore artistico Hans Ulrich Obrist.

Il linguaggio della pubblicità e del design, a cui Barbara Kruger si avvicina da giovane lavorando come grafica e photo editor della rivista di Condé Nast «Mademoiselle» è la firma che si ritrova in tutta la mostra. Dalla rielaborazione della celebre «Untitled (Your body is a battleground)», opera nata nel 1989 come manifesto della Women’s March di Washington a difesa dell’aborto, che raffigura il volto di una donna diviso in due metà dai colori contrastanti. A «Untitled (Forever), 2017» in cui le parole dell’artista e quelle di letterati del passato ricoprono i muri e il pavimento di una galleria raramente aperta al pubblico per un’opera testuale di forte impatto visivo. O ancora nell’inedito europeo «Untitled (No Comment), 2020», una video-installazione immersiva in cui frammenti di filmati social fatti di tutorial, selfie e gatti animati si accompagnano alle domande e alle citazioni filosofiche rivolte dall’artista, a sottolineare quanto sia debole oggi la nostra capacità di mantenere l’attenzione su ciò che guardiamo e ascoltiamo.
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Infine nel video «Untitled (I shop therefore I am), 1987/2019» l’immagine originaria che gioca con il celebre motto cartesiano viene frantumata e ricomposta come un puzzle a formare le nuove varianti «Compro quindi accumulo», «Sono quindi odio», «Muoio quindi ero». A creare un doppio livello di provocazione e coinvolgimento del pubblico sul tema del consumismo, un’immagine estratta da questo lavoro è allestita anche nel bookshop della galleria. Che in questa occasione per di più abbatte le proprie pareti e porta la mostra anche sui taxi della capitale e sui maxi schermi di Outernet Arts, uno dei più grandi spazi digitali del mondo situato nel cuore di Londra, in un’ottica di arte pubblica che è fortemente sostenuta dalla Ceo della Serpentine, Bettina Korek.

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Mario Alberto Ratis, 15 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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Barbara Kruger dal museo alla strada | Mario Alberto Ratis

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