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Ritratto di Adrián Villar Rojas

© Courtesy of the artist and Panos Kokkinias

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Ritratto di Adrián Villar Rojas

© Courtesy of the artist and Panos Kokkinias

Audemars Piguet: il tempo del mecenatismo contemporaneo

Dal 2012 il programma Audemars Piguet Contemporary accompagna gli artisti nella creazione di opere libere e ambiziose, sostenendoli in ogni fase del processo creativo e restituendo all’arte la sua più autentica dimensione di ricerca e libertà

Michela Moro

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Il miraggio: un mecenate che lavora con l’artista un paio d’anni per realizzare al meglio il progetto, organizzando poi l’esposizione nel museo o nell’istituzione scelta in qualsiasi parte del mondo, mentre l’artista rimane proprietario dell’opera. Dal 2012 questo sogno è già stato realizzato per i ventisette artisti internazionali che hanno avuto la fortuna di far parte del Programma Audemars Piguet Contemporary, con più di settanta mostre in tutto il mondo. Come il lusso discreto dell’alta orologeria si trasformi in mecenatismo di livello lo racconta a «Il Giornale dell’Arte» Audrey Teichmann, curatrice responsabile di Audemars Piguet Contemporary dal 2020, dalla sede milanese del brand, uno scrigno discreto e luminoso costellato di opere d’arte.
«Il nostro sostegno agli artisti va ben oltre il patrocinio finanziario» afferma Teichmann. «Come curatori accompagniamo ogni artista dalle prime fasi di un'idea fino alla sua realizzazione e presentazione. Ciò significa impegnarsi offrendo una guida concettuale, esperienza di produzione e partnership istituzionale, e garantendo al contempo che la visione dell'artista rimanga al centro di ogni decisione. Il nostro ruolo è predisporre le condizioni per una creazione significativa: offrire tempo, fiducia e risorse che consentano agli artisti di sperimentare liberamente e dare vita a progetti ambiziosi. È un programma basato sulla pura libertà. Non ci interessano i trend, ma i lavori che definiscono un cambiamento e che hanno una risonanza a lungo termine. Siamo interessati a pratiche di ricerca che spesso arrivano quando gli artisti, per fare un salto di qualità, hanno bisogno di un aiuto esterno. Siamo interessati alle domande, non alle risposte. È così che ci si evolve, per essere trasformati bisogna scegliere catalizzatori giusti, e crediamo profondamente che gli artisti abbiano il potere di ispirarci, di trasformare noi stessi».

Esempio concreto è l’ultima commissione, affidata a Adrián Villar Rojas «(Senza titolo) The Language of the Enemy», una scultura che evoca la preistoria, una finzione speculativa basata sulla paleontologia, un momento immaginato in cui Neanderthal e Homo sapiens collaborano all'invenzione del significato. Celebra i 150 anni del brand che è nato nel 1875 a Le Brassus, nella Valle de Joux tra montagne del Jura, a nord di Ginevra, uno dei centri dell'alta orologeria svizzera. Commissionato dall’Audemars Piguet Contemporary e dall’Aspen Art Museum, dove nel 2026 farà parte di una grande mostra, l'opera immagina una scena del tempo primordiale, dove un incontro con resti di dinosauri fossilizzati avrebbe potuto innescare il primo atto di creazione artistica. «Molti non sanno che Jurassico deriva proprio da Jura, regione nella quale la ricerca paleontologica è sempre stata viva grazie alla grande quantità di fossili ritrovata, e Villar Rojas, (Rosario, Argentina, 1980) è un artista che indaga la maniera in cui usiamo le risorse intorno a noi, è una riflessione su come trasformare, riciclare, rianalizzare i resti di un'altra epoca».

 

Veduta dell’installazione «Lunar Ensemble for Uprising Seas» di Petrit Halilaj e Álvaro Urbano, Ocean Space, Venezia (2023). Courtesy of the artists and TBA21-Academy and Audemars Piguet

In Italia c’è una connessione ricorrente con artisti, curatori e istituzioni italiane che continuano a ispirare il dialogo tra artefatto, luogo e immaginazione. Le presentazioni di APC in sedi italiane includono «Lunar Ensemble for Uprising Seas» di Petrit Halilaj e Álvaro Urbano, Ocean Space, Venezia (2023); «Enciclopedia delle relazioni» di Alexandra Pirici, La Biennale di Venezia (2022); «L’isola dell'instabilità» di Cao Fei, MAXXI, Roma (2022); «data-verse 1» di Ryoji Ikeda, La Biennale di Venezia (2019); «Strandbeests» di Theo Jansen, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, Milano (2019); «Promenade» di Quayola, commissione video (2018). Poi «Windy», di Meriem Bennani, scultura cinetica commissionata da High Line Art e Audemars Piguet Contemporary (2022), prima commissione pubblica di scultura di APC, in collaborazione con la curatrice italiana Cecilia Alemani.
Il budget è identico per ogni progetto, ma non viene comunicato. «Non lo facciamo,  spiega Teichmann, perché al budget si somma il tempo di lavoro insieme, un anno o anche due, è un aggiornamento di elementi molto difficili da calcolare. La squadra fondamentale di APC è di cinque persone, ma ce ne sono poi molte altre, la comunicazione, la produzione che è sempre esterna, ecc., secondo le esigenze».

APC non ha una collezione, l’opera realizzata rimane all’artista, inclusa la proprietà del lavoro. Spiega la curatrice «Pensiamo di essere facilitatori e non proprietari di cultura. Siamo all'interno del processo, non della proprietà. Che il lavoro possa essere esibito e venduto per noi è parte del processo di libertà dell'artista; il lavoro torna all'ecosistema dell'artista, alla galleria, ai collezionisti, alle istituzioni che sono interessate a mostrare il lavoro. E ogni volta che lavoriamo con un artista, lavoriamo almeno un'altra volta anche sull'esposizione del lavoro». Nella visione che guida Audemars Piguet Contemporary si ritrova la logica e la tradizione dell’essere il più antico produttore di orologi indipendente ancora nelle mani delle famiglie fondatrici, gli Audemars e i Piguet, da sempre lungimiranti e senza compromessi.

Il programma è molto complesso, e viene naturale pensare come mai un brand così, con una clientela specifica, non abbia scelto altri aspetti del mondo del luxury. «Creiamo molte sinergie, i nostri clienti sono collezionisti, non solo di orologi, ma di arte, automobili e altro ancora. Nell’arte c'è la passione per la materialità degli oggetti, nel contemporaneo si trova l'attenzione al dettaglio; ci sono valori comuni, l'idea di collezionare e il guardare avanti con l’arte contemporanea».

Michela Moro, 13 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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