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Antefatto: nel 2017 Martin Parr, celebre fotografo britannico, cura per Damiani una riedizione del libro, ormai introvabile e da lui considerato «un gioiello nascosto». Si tratta di London by Gian Butturini, 1969. Nel 2019 una giovane di colore, Mercedes Baptiste Halliday, lancia un anatema via Twitter contro il libro, perché contiene un’immagine a suo dire «spaventosamente razzista».
Si tratta di due scatti in cui Butturini, grafico, regista e fotografo fortemente impegnato nel sociale (Brescia, 1935-2006), ritrae una donna di colore che, in una «gabbia di vetro» vende biglietti della metropolitana di Londra: secondo le parole dell’autore «prigioniera indifferente [nella] sua prigione di ghiaccio e solitudine». A fianco, un gorilla dello zoo di Londra «che riceve con dignità imperiale le facezie e le scorze lanciategli dai suoi nipoti in cravatta».
Le intenzioni dell’autore erano, dunque, opposte a quelle denunciate dalla studentessa, ma le proteste travolsero il libro, ritirato dal mercato, e anche Parr, giudicato «visivamente analfabeta». Da allora i figli di Butturini, Tiziano e Marta, hanno iniziato una battaglia, sostenuta anche da fotografi come Ferdinando Scianna, Gianni Berengo Gardin e Francesco Cito, per restituire al libro il significato di testimonianza, politicamente impegnata e volutamente provocatoria, di un uomo che abbandonò la grafica per la fotografia sociale, «per non lavorare più per chi fa soldi».
Le copie salvate dal macero e la mostra «Save the Book. London by Gian Butturini», curata da Gigliola Foschi per Spazio d’Arte Scoglio di Quarto, dove dovrebbe aprirsi dal 10 al 23 dicembre ridanno ora voce all’autore e all’uomo che per l’intera vita ha denunciato con forza disuguaglianze e povertà.

La foto censurata di Butturini raffigurante una donna di colore e un gorilla
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