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«L’infante égarée», 1944, di Marion Adnams (particolare). © Manchester Art Gallery / Bridgeman Images

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«L’infante égarée», 1944, di Marion Adnams (particolare). © Manchester Art Gallery / Bridgeman Images

Assurdo? Inglese!

I surrealisti britannici alla Dulwich Picture Gallery

Federico Florian

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Londra. «Se credi che il Surrealismo sia nato solo in Francia, ripensaci!, dichiara Jennifer Scott, Sackler Director della Dulwich Picture Gallery. C’è spesso un elemento assurdo e immaginifico in quella che è la creatività britannica, da Shakespeare a Lewis Carroll a Henry Moore. I visitatori di questa mostra intraprenderanno un’avventura nell’illogico grazie a importanti prestiti e un allestimento fantasioso».

Organizzata per il centenario del Surrealismo, se se ne colloca la nascita nel 1920, anno in cui André Breton cominciò a dedicarsi alla scrittura automatica, «British Surrealism: 1783-1952» dal 26 febbraio al 17 maggio esplora le origini e le conquiste dell’arte surrealista nel Regno Unito, attraverso dipinti, sculture, fotografie, stampe e acqueforti realizzati tra gli anni ’80 del Settecento, epoca in cui, secondo il curatore David Boyd Haycock, andrebbero fatti risalire i primi esperimenti protosurrealisti, come quelli di William Blake e Henri Fuseli (nome con cui è noto in Gran Bretagna lo svizzero Johann Heinrich Füssli, Ndr), sino alla metà degli anni ’50 del Novecento.

Oltre 40 gli artisti in mostra, tra cui Leonora Carrington, Francis Bacon, Lucian Freud e Paul Nash, e figure meno familiari ma non per questo meno originali, come Marion Adnams («L’infante égarée», 1944), Conroy Maddox e Grace Pailthorpe.

Un progetto espositivo che prende quasi alla lettera il Manifesto Surrealista del 1924, in cui Breton nominava 25 poeti, scrittori e drammaturghi fra Sei e Ottocento che ispirarono il movimento d’avanguardia: alla Dulwich Gallery, pertanto, si ritrovano alcuni di tali «antenati surrealisti», fra cui Lewis Carroll e Samuel Taylor Coleridge, di cui è esposto un taccuino con la bozza della Ballata del vecchio marinaio del 1806. Fra le opere imperdibili, un paesaggio «daliniano» di John Armstrong («Heaviness of Sleep», 1938) e gli scheletri danzanti di Edward Burra («Dancing Skeletons», 1934).
 

Federico Florian, 25 febbraio 2020 | © Riproduzione riservata

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