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Artissima a quota 50mila

È il numero dei visitatori, ma anche la cifra media sino alla quale si è venduto

Jenny Dogliani, Franco Fanelli

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Cinquantamila visitatori, 2.500 collezionisti, 2mila opere con quotazioni tra i 600 e 700mila euro, un mercato vivace nei prezzi sino a 10-20mila euro, con punte di attività sino a 50mila euro, molto lento nelle fasce medie e alte. Si è chiusa così la 23ma edizione di Artissima, svoltasi all’Oval Lingotto dal 3 al 6 novembre, la quinta diretta da Sarah Cosulich Canarutto che in attesa di vedersi riconfermata (come vorrebbero molti operatori, che pronosticano un nuovo mandato) o di cedere il posto al suo successore (nodo che si prevedeva di sciogliere a fine novembre) si gode il riconoscimento di un’altissima qualità da parte degli espositori da noi interpellati.

La rassegna era costellata da dipinti e sculture quasi mai figurativi, fotografie, disegni, opere a parete, poche videoinstallazioni e qualche neon realizzati perlopiù in anni recenti da artisti emergenti e affermati. «È stata un’edizione frequentata da un buon collezionismo», ha dichiarato a fiera conclusa Tucci Russo di Torre Pellice (To) il cui unico appunto riguardava il numero di gallerie, ancora troppo alto. «Abbiamo lavorato discretamente e venduto sia artisti di fascia non cara, sia artisti di fascia alta», continuava il gallerista. Nel suo stand, tra i più visitati, opere di Giulio Paolini, Mario Merz, Tony Cragg, Giuseppe Penone (venduto uno dei suoi dipinti con le spine, tipologia assai richiesta per quanto riguarda  la produzione dell’artista piemontese), Christiane Löhr e altri da 10mila a 700mila euro.

«L’affluenza è leggermente in flessione rispetto all’anno scorso, osservava Raffaella Cortese di Milano; abbiamo venduto un disegno di Jon Jonas al Nouveau Musée National de Monaco e abbiamo lavorato di più con opere entro i 50-60mila euro». Tra le sue proposte, opere di Francesco Arena, Roni Horn, Monica Bonvicini, Kiki Smith e Ana Mendieta, con prezzi tra i 5mila e i 100mila euro. Del medesimo parere anche altri colleghi della Main Section, tra cui Fabrizio Paperini della Galleria Continua: «Si vendono meglio le opere dai 10mila ai 20mila euro, soprattutto quelle inferiori ai 10mila euro e di artisti emergenti» (nello stand opere di Antony Gormley, Hans Op de Beeck, Ai Weiwei, Loris Cecchini, Etel Adnan, Kader Attia, Qiu Zhi Jie e altri fino a 170mila euro) e Tamar Zagursky, della Sommer Contemporary Art di Tel Aviv con lavori di Naama Arad e Tal R da 6mila a 75mila euro: «C’è stato molto interesse da parte di collezionisti, curatori e collezioni pubbliche, ho venduto opere con quotazioni di fascia media».

Alberto Peola non nascondeva la sua soddisfazione per l’acquisizione, da parte della Fondazione per l’arte moderna e contemporanea Crt, di due opere di Francesca Ferreri (classe 1981) destinate alle collezioni della Gam, Galleria Civica d’arte moderna e contemporanea di Torino. Nel suo stand, tra le altre opere, un neon di Martin Creed, fotografie della lanciatissima Fatma Bucak e raffinate sperimentazioni incisorie di Laura Pugno, che traspone il linguaggio calcografico in chiave tridimensionale. Un altro artista torinese, Francesco Barocco, uno degli invitati al Padiglione Italia della scorsa Biennale di Venezia, è l’autore di due sculture vendute da Norma Mangione. «Forse quello che è mancato è un certo tipo di collezionismo», dichiarava Saverio Repetto, fratello del titolare Carlo, nella «Main Section» con una monografica di Pier Paolo Calzolari e nella sezione «Back to the Future» (dedicata ad autori storicizzati) con lavori di Sadamasa Motonaga da 5mila a 100mila euro: «Abbiamo visto un numero minore di grande collezionisti rispetto alle scorse edizioni, continuava Repetto.

Le vendite sono calme, ma è un fenomeno generale, si sono vendute le cose con i prezzi più bassi, dai 10mila ai 15-20mila euro». Tra le altre monografiche, di grande eleganza quella della Otto Gallery, molto ammirata per un ambiente interamente concepito da Urs Lüthi. Il medesimo andamento, fatte le dovute proporzioni, si riscontrava anche tra i più giovani galleristi al debutto nelle sezioni «New Entries» e «Present Future»: tra questi Monica Bottani della Ribot di Milano con opere di Felix Schramm da 2mila a 22mila euro. Al debutto in fiera, nella nuova sezione «Dialogue», anche Michal Wolinski della Piktogram di Varsavia con opere dei polacchi Tomasz Mróz, Cezary Poniatowski e Szymon Roginski da 2mila a 9mila euro ispirate all’incubo: «È molto bello essere in una sezione curata piuttosto che in una fiera dove si mettono tante opere “a caso”, ma ci aspettavamo più collezionisti. Non abbiamo venduto».

Buoni risultati nella sezione «Art Editions», riservata all’editoria d’arte e alla grafica: Egidio Fiorin esibiva con successo, fra le altre opere, le tavole originali di Giuseppe Spagnulo dedicate all’omerico scudo di Achille e destinate a un nuovo libro d’artista delle edizioni Colophon di Belluno dopo il monumentale e polifonico omaggio ad Arnaldo Pomodoro. Lì nei pressi, Giampiero Mughini, appassionato di memorabilia bibliografici d’arte moderna e contemporanea, scrutava tra le proposte dello Studio Bibliografico Giorgio Maffei di Torino. Al bilancio conclusivo hanno contribuito i 400mila € della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea Crt per incrementare le collezioni di Castello di Rivoli e Gam (per l’elenco delle acquisizioni e i premi assegnati, cfr. www.ilgiornaledellarte.com).

Ora si pensa all’edizione 2017: oltre al direttore della fiera, è ancora aperta la questione della sede. Nel progetto presentato per una sua riconferma, Sarah Cosulich Canarutto chiede uno spazio più centrale rispetto all’Oval.
 

Jenny Dogliani, Franco Fanelli, 09 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

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