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Il futuro è iniziato

Funziona l’operazione Vettese: la qualità premia e gli assenti stavolta hanno torto

Jenny Dogliani, Franco Fanelli

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Con Angela Vettese, ArteFiera (BolognaFiere 27-30 gennaio) fa un passo avanti sulla strada della rifondazione. La riduzione delle gallerie mette d’accordo gli espositori interpellati che rilevano, però, la mancanza di colleghi e compratori internazionali. Insomma, se le Italian Sales dello scorso ottobre confermano il successo dell’arte italiana, confermano anche che per vendere pezzi importanti bisogna attrarre collezionisti stranieri, distratti, almeno in parte, dalla concomitanza di Artgenève.

E così a Bologna (che di certo non gode delle agevolazioni fiscali svizzere) tra molti dipinti seguiti da sculture e fotografie da 10mila al milione con punte sino a 5 milioni di euro, i galleristi hanno lavorato bene nella fascia medio-bassa e faticato con il salire dei prezzi oltre i 200-300mila euro. Non a tutti è piaciuta la scelta di mescolare storicizzato e contemporaneo.

Tra questi Stefano Cortesi (Cortesi Gallery, Lugano, Londra) che aggiungeva: «Il vernissage di ArteFiera deve tornare al centro dell’arte italiana, ora c’è più affluenza nel weekend, a Roma Fendi e Gagosian hanno inaugurato lo stesso giorno della preview, anni fa non sarebbe accaduto». Per lui vendite maggiori nella fascia tra 40mila e 100mila euro con opere di Varisco, Pardi, Biasi, Festa, Paolini e Donzelli. Edizione migliorata anche per il milanese Matteo Lampertico: «Sono state selezionate le gallerie che c’erano prima senza aggiungerne di nuove, ci vorrà tempo. I servizi per i vip sono ancora molto scarsi, l’ente fiera di Bologna punta sul pubblico nazionalpopolare, noi vorremmo i clienti».

Nel suo stand opere da 20mila a un milione di euro di Burri, Fontana, Savelli, Castellani, Scarpitta, Leoncillo, Turcato e Dadamaino vendute, senza grande slancio, ma un po’ in tutte le fasce di prezzo. «In un anno la Vettese ha fatto quello che poteva, affermava Carlo Repetto (Repetto Gallery di Londra). Mi auguro che sia così brava da imporre una qualità e un accordo con la gestione politica e amministrativa per fare crescere di nuovo la fiera. La presenza di buone gallerie straniere o di gallerie italiane con artisti stranieri di qualità può aiutare a portare collezionisti under 40 con importanti capacità di spesa, che in Italia sono pochi. Qui si lavora bene con le generazioni tra i 40 e i 60 e un po’ meno con quelle oltre i 60, che ormai comprano di meno». Nel suo stand opere da 8mila a 140mila euro di Paolini, Ghirri, Munari, Melotti, Vedova, Leoncillo, Dorazio, Pistoletto, Christo e Turrell, vendute perlopiù nella fascia medio-bassa.

Questa volta qualche assente avrà più di un rammarico. Ad esempio, si è avvertita, insieme alla crescente attenzione per la fotografia (affollatissimi gli stand voluti dalla Vettese), la fame del pubblico di giovani artisti di valore, i quali, tuttavia, sono rappresentati da gallerie (soprattutto milanesi) che continuano a snobbare ArteFiera: Di Marino di Napoli, al contrario, ha accolto con favore l’opportunità e si è presentato con uno stand degno delle migliori aspettative, come Davide Paludetto di Torino, figlio d’arte, che esibiva tra le altre opere di Nicus Lucà e Paolo Grassino. Sul versante moderno, nel perdurante successo della pittura optical e monocroma, alcuni stand sfoggiavano pezzi eccezionali, come i Pirandello da Russo di Roma o un sontuoso paravento di Giacomo Balla (con notevoli sculture di Mascherini e un delizioso dipinto di De Chirico della serie dedicata ai gladiatori) alla Torbandena di Trieste, mentre Estemio Serri della Cinquantasei di Bologna dedicava tutto il suo spazio a una bella retrospettiva di Mario Sironi.

È stata una buona fiera anche per Filippo Di Carlo della Galleria dello Scudo di Verona che ha lavorato in particolare con Gastini, Nunzio, Scialoja e Vedova sino a 300mila euro: «Dobbiamo smettere di raccontare le cose, affermava il gallerista. Quella di Bologna è la fiera di arte moderna italiana per un pubblico fidelizzato di compratori italiani». Ma immaginando scenari futuri in tempo di Brexit c’è anche chi, come Stefano Cortesi, pensa che l’Italia, con le sue infrastrutture e la tradizione per l’arte, «se ben gestita organizzativamente, politicamente e fiscalmente potrebbe sostituire l’Inghilterra come centro per lo smistamento all’interno dell’Ue», uno scenario in cui le prospettive di ArteFiera crescerebbero considerevolmente.
 

Jenny Dogliani, Franco Fanelli, 02 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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