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ArtRio 2025

Photo: Bruno Ryfed

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ArtRio 2025

Photo: Bruno Ryfed

ArtRio, 15 anni e un nuovo inizio

Una prima «art week», una fiera che compie quindici anni e una città in pieno fermento culturale, dalle realtà istituzionali alle iniziative indipendenti: benvenuti a Rio de Janeiro, all’alba della sua primavera

Matteo Bergamini

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Negli scorsi anni, una leggenda ben ancorata alla realtà serpeggiava tra gli stand di ArtRio (10-14 settembre scorso), la fiera di Rio de Janeiro: nella «Città Meravigliosa», si diceva, si andava per fare festa molto più che per vendere, con il benestare di tutti i galleristi, o quasi. Eppure, quest’anno, qualcosa sembra essere cambiato in quella che é una delle più belle fiere del mondo, forte della sua location alla Marina da Glória, con vista su Pão de Açúcar e baia di Guanabara: una costruzione del «terreno dell’arte» più strutturata con il contorno, nemmeno a dirlo, di una festa continua. Non è un caso che Rio, a distanza di un fine settimana dall’apertura della Biennale di San Paolo e della relativa settimana di inaugurazioni, abbia preparato a sua volta la primissima art week della sua storia, con qualcosa come 150 appuntamenti sparsi da un capo all’altro della zona sud e del centro, coinvolgendo tanto musei quanto spazi indipendenti e gallerie.

Giunta alla sua 15ma edizione, quest’anno ArtRio ha richiamato circa 55mila visitatori, nonostante il parterre di gallerie partecipanti sia stato un po’ ridotto rispetto agli anni precedenti, a cui si è aggiunto un programma VIP che ha coinvolto collezionisti, curatori e membri dei consigli di importanti musei e istituzioni, tra cui rappresentanti della Fondazione Guggenheim (Usa), della Tate Modern (Londra), del MOCA di Los Angeles, Museo Tamayo (Città del Messico) e il Lise Willhelmsen Art Award (Norvegia). Il piano? Portare l’arte del Brasile, da sempre molto autarchica e confinata tra l’Amazzonia e l’Atlantico, oltre le proprie frontiere. Il risultato? Buono: oltre 200 opere di artisti brasiliani presentate alla fiera sono state acquisite e ora andranno ad arricchire molte collezioni dall’altra parte del mondo.

«La nostra intenzione con questa ArtRio era proprio quella di riflettere l’importanza dell’evento sulla scena culturale del Paese e come, in questi 15 anni, la fiera abbia rafforzato Rio de Janeiro e il Brasile nel mercato internazionale dell’arte», ha dichiarato Duda Magalhães, Presidente di Dream Factory, la società che organizza la fiera. Ma se l’evento finisce in pochi giorni, è quel che resta in città che fa la differenza, anche per gli stessi carioca.

Nel centro storico, ogni anno più rivitalizzato (dopo la pandemia, che aveva lasciato una delle più belle aree della città completamente abbandonata), una infornata di piccole gallerie e di spazi indipendenti: il Solar dos Abacaxis, no profit e spazio di residenze fondato nel 2015 da Adriano Carneiro de Mendonça (in veste di Direttore Esecutivo) e dal curatore Bernardo Mosqueira, nominato recentemente alla direzione artistica della fiera SP-Rotas, «sorella minore» della più grande SP-Arte, ospita l’ultimo progetto dell’artista Castiel Vitorino Brasileiro (1996), «Eterno Vulnerável», in cui l’artista affronta il tema dei processi di guarigione come atti di costruzione della libertà, riunendo qualcosa 40 opere inedite e commissionate per l’occasione, tra dipinti, installazioni, sculture, mosaici, ceramiche, disegni e video.

 

 

 

 

 

Marcia Falcao, «Jogo 2», dalla serie Capoeira, esposta in Nossa vida Bantu. Photo: Rafael Salim

Ygor Landarin, «Por onde se anda, aquilo que se come», 2017. Courtesy of the artist

Da MT Projetos una nuova esposizione individuale di JOTA (2001), «Amor Ódio», che ritorna sui sui passi e sul racconto della realtà della periferia nord di Rio, dopo essere stato in mostra anche in Italia, nella galleria di Mimmo Scognamiglio, nel 2024. A Gentil Carioca, ha festeggiato il suo 22mo compleanno con una notte di baile funk tra le stradine che contornano le due sedi della galleria, presenta il progetto inedito di Vivian Caccuri (1986), «Nocetra», nel quale l’artista, attraverso l’uso di materiali sonori e sovrapposizioni di stoffe, insiste sul fatto che la saggezza e la conoscenza possa originarsi da muscoli, nervi, mucose e respirazione, aprendo al corpo (in particolare a quello femminile) le possibilità negate del piacere dell’esperienza.

«Nossa Vida Bantu», al Museo di Arte di Rio (MAR), è senza dubbio una delle migliori mostre attualmente in città, focalizzando sull’eredità che il Brasile ha ricevuto dalle popolazioni di diversi Paesi africani, designate appunto sotto il termine linguistico «Bantu» (popolo, gente), che durante i secoli dello schiavismo portò al di là dell’Atlantico saperi agricoli, culinari, religiosi, musicali. Con un allestimento oscuro, quasi mistico, spiccano gli interventi del collettivo Makhu, che dal murale di apertura di «Stranieri Ovunque» hanno raggiunto una popolarità globale, le installazioni di André Vargas e le immagini di Eustáquio Neves. Assolutamente da non perdere anche la retrospettiva dedicata ai Retratistas do Morro ( João Mendes e Afonso Pimenta), che dagli anni ‘70 hanno donato esistenza e «corpo» agli abitanti dei quartieri dell’Aglomerado da Serra, la più ampia favela del Brasile, localizzata nella città di Belo Horizonte. Come raccontano gli stessi fotografi, il progetto era nato come volontà di collocare nella storia l’umanità marginalizzata, testimoniando l’uso della fotografia come atto di resistenza culturale dove ogni immagine carica con sé i valori del tempo e della comunità, mostrando feste popolari, tradizioni, riti di passaggio, scene quotidiane, rivelando orgoglio e affetto.

 

Vivian Caccuri, «Nocetra», veduta della mostra. Courtesy of A Gentil Carioca

Veduta della mostra Gilberto Chateaubriand, «Uma colecao sensorial», MAM Rio. Photo: Fabio Souza

«Telma Saraiva e a fascinação do mundo» è una ulteriore chicca, che getta una luce sull’artista che segnò la storia della fotopittura in Brasile. Saraiva (1928-2015), direttrice dell’unico studio fotografico della regione arida del Cariri, nel nord del Paese, dagli anni ‘40 creò un nuovo stile nella ritrattistica, addizionando colore e mise en cene tanto a autoritratti quanto a fotografie di persone comuni, anticipando le poetiche di Cindy Sherman da un luogo «impossibile». 

Al lato del MAR, per la prima volta anche il Museo do Amanhã, da sempre incentrato sulla cultura del tecnologico e della scienza, si apre all’arte contemporanea con la giovane pittrice Maria Antonia (1992) e la sua «Carne da Terra», un incontro sensoriale tra materia pittorica gestuale e un paesaggio sensoriale fatto anche di sculture tattili, in una arena viva de esperienze, suoni e realtà aumentata. A Lado-b, centro culturale che si trasforma in discoteca, ubicato in un antico casarão, oltre alla musica nei giorni di ArtRio si è aperta «Rios Reais», evento multimediale annuale e gratuito che per questa edizione ha portato in scena qualcosa come 115 artisti di sette diverse discipline, dall’arte contemporanea al cinema, alla moda. «Condividendo saperi, accettiamo il fatto che nessun rio (fiume, ndr) scorre da solo, che tutti i corsi d’acqua si formano nell’incrocio tra favelas, periferie, strade, quilombos e villaggi. Il gesto di far germogliare azioni nasce da questa cosmopoetica collettiva, dove ogni voce si somma come una corrente che resiste all’aridità e condivide i suoi percorsi», scrive la curatrice Ana Lopes sul progetto. Da segnare, senza dubbio, i «Ricami di sabbia» del giovane artista Ygor Landarin, già rappresentato dalla Galleria Galatea, e la grande istallazione richiamante i semi del Pau Brasil, l’albero nativo che diede il nome alla nazione e ai suoi abitanti-lavoratori, dell’artista Beta Azevedo.

A pochi passi dal centro, ancora, il ritrovato Museu de Arte Moderna do Rio (MAM), riapre dopo due anni di restauro con un panorama su parte della collezione di Gilberto Chateaubriand (1925-2022), figlio del fondatore del MASP di San Paolo, Assis Chateaubriand, e uno dei più grandi collezionisti d’arte brasiliani. «Uma coleção sensorial» ripercorre esattamente la sua vita e traiettoria, dedicata a formare una delle raccolte private più significative del mondo, unendo tradizione e sperimentazione, cominciando da José Pancetti (primo artista comprato a Salvador, nel 1953), e sviluppando in seguito un approccio basato su rapporti diretti con gli artisti, incontrati in innumerevoli viaggi non solo in Brasile, ma nel mondo: Adir Sodré, Gervane de Paula, Cheri Samba, ma anche la mitica Tarsila do Amaral, il pop di Glauco Rodrigues, o la pittura stratificata del più giovane Thiago Martins de Melo sono solo alcuni dei nomi che si rincorrono in cinque sezioni splendidamente allestite, a cui farà seguito una seconda mostra a partire dal prossimo dicembre.

Per chi invece fosse a Rio per la prima volta, raccomandiamo una esperienza ben peculiare, al Museu Bispo do Rosario. Situato nell’estrema zona ovest della città, in quella che fino a settant’anni fa era una colonia di terapia che, paurosamente, mischiava l’idea della «cura» della psiche con il processo di «igienizzazione» della città, il luogo dove Arthur Bispo do Rosario (1909/1911 – 1989) creò la sua arte, consacrata in occasione della Biennale d’Arte di Venezia del 2013, «Il Palazzo Enciclopedico», curata da Massimiliano Gioni, è oggi un vero e proprio museo di arte contemporanea dentro quella che rimane una struttura assistenziale gestita dal SUS, il Sistema Sanitario pubblico brasiliano, ponendosi così come un esempio unico al mondo dove, per la prima volta e con molta fatica, si sta tentando l’affermazione dei partecipanti dell’atelier Gaia, che da oltre vent’anni utilizza l’arte come dispositivo di crescita, vengano considerati creativi e non semplici «utenti» di un servizio di cura, come ricorda la direttrice del Museo, Carolina Rodrigues. Un’occasione per rimarcare, come se ce ne fosse ancora bisogno, la freschezza di stili che non appartengono all’omologazione, ma che nulla hanno da invidiare rispetto ai saturi canoni del contemporaneo come luogo di difesa delle «differenze»: solo un’altra faccia del mercato.

Maria Antonia, «Carne da Terra». Photo: Gabi Carrera / Divulgação

Matteo Bergamini, 25 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

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