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Andrea Augenti
Leggi i suoi articoliÈ una sera di marzo del 1880. Il generale dell’esercito britannico Augustus Henry Lane Fox rientra in casa, a Londra, e uno dei suoi servitori gli consegna un telegramma. Lui lo apre, e... si deve sedere, subito. La notizia è inaspettata, sconvolgente. Una di quelle che ti cambiano la vita. È appena morto un lontano parente: Horace Pitt, il sesto barone di Rivers. La sua scomparsa estingue improvvisamente quel ramo della famiglia, e si dà il caso che il discendente più diretto sia proprio lui, il generale. Augustus sprofonda nella sua poltrona, sopraffatto. Non crede a quello che sta succedendo, e non ci crede per due motivi.
Il primo è che la sua condizione si avvia a cambiare in maniera sostanziale. L’eredità dei Pitt Rivers consiste, sopra ogni altra cosa, in una tenuta enorme: Cranborne Chase. Parliamo di 11mila ettari di terreni agricoli posti a cavallo tra le contee del Dorset, dell’Hampshire e del Wiltshire. Uno sproposito, la più grande proprietà nelle mani di un privato senza titoli nobiliari di tutta la Gran Bretagna. E, ovviamente, la tenuta garantirà al generale un’entrata notevole: circa 25mila sterline all’anno. Augustus Henry Lane Fox è appena diventato ricchissimo, senza muovere un dito. Ma c’è qualcosa in più ed è la seconda ragione per cui il generale non riesce proprio a rialzarsi da quella poltrona. Dentro quella tenuta ci sono molti resti archeologici: tumuli, fossati, monumenti e altro. E lui lo sa bene perché da qualche decennio è sempre più appassionato di archeologia, la pratica in prima persona e conosce a menadito quella zona. A conti fatti, è come se avesse ereditato un enorme parco dei divertimenti personale: lì potrà scavare, indagare il territorio e svolgere tutte le ricerche che vorrà senza dover rendere conto a nessuno, dentro i confini della sua sterminata proprietà.
Certo, tra i vincoli per acquisire la tenuta c’è anche quello di prendere il nome della famiglia da cui ha ereditato. E così il nome del generale, già abbastanza lungo, diventerà ancora più lungo, quasi impronunciabile... Ma che importa? Ha appena ricevuto la notizia più bella della sua vita, l’eredità grazie alla quale potrà vivere serenamente per il resto dei suoi giorni, da gentiluomo di campagna, senza preoccupazioni dal punto di vista economico; e, soprattutto, potrà assecondare la sua passione: lo studio del passato. E così, il generale Lane Fox entrerà nella storia dell’archeologia e lo farà con il suo nuovo nome; un nome lunghissimo, altisonante fino a essere pomposo, e ancora oggi conosciuto in tutto il mondo: Augustus Henry Lane Fox Pitt Rivers. Ufficiale, gentiluomo e archeologo. Uno dei padri dell’archeologia moderna.
Dalle armi all’archeologia
Augustus Henry Lane Fox nasce nel 1827 nella tenuta di Hope Hall, nello Yorkshire, in Inghilterra. Nel 1845 inizia, con il grado di tenente, la carriera militare che lo vedrà impegnato per buona parte della sua vita. Il suo percorso comincia nel corpo dei granatieri dell’esercito britannico, e poco dopo si verifica qualcosa di inaspettato. Nel 1851 viene istituito un comitato per la realizzazione di un nuovo tipo di moschetto e a Lane Fox viene richiesto di procedere alla sperimentazione dell’arma; successivamente diventerà istruttore per le truppe. L’occasione dà modo a Lane Fox di entrare nelle pieghe di un’arma, il moschetto; di studiarne le forme e il funzionamento nei minimi dettagli. E da qui nasce probabilmente tutta la fascinazione per gli oggetti che poi lui porterà con sé nel corso delle sue ricerche, come archeologo e come antropologo.
Ma gli impegni militari incalzano: nel 1854 scoppia la guerra di Crimea, che vede le truppe dell’Impero russo schierate contro quelle di Francia, d’Inghilterra, dell’Impero ottomano e del Regno di Sardegna. In quel conflitto Lane Fox partecipa alla sua unica azione: la battaglia di Alma, in Bulgaria, alla quale segue un breve periodo di servizio proprio in Crimea. Si guadagna il titolo di maggiore e verrà distaccato in Canada, nel 1861, di nuovo come istruttore di moschetto; quindi in Irlanda, fino al 1866. In questo stesso periodo, cioè intorno alla metà del secolo, registriamo due tornanti nella vita di Lane Fox. Il primo riguarda la sua vita privata: nel 1853 viene celebrato il matrimonio con Alice Stanley. Non una grande unione: i coniugi perdono interesse reciproco dopo la nascita dei primi due figli e da allora il clima in casa sarà sempre piuttosto freddo, a volte persino burrascoso. La seconda svolta ha a che fare con gli interessi del maggiore. All’incirca fino al 1860 collezionare oggetti è stato per lui non molto di più che un hobby, ma ora le cose cambiano: questo interesse si tramuta in studio, in una attività molto analitica e rivolta perlopiù alla comprensione e alla catalogazione. Gli oggetti raccolti provengono da molte parti del mondo, soprattutto Africa e Oceania. Nella collezione ci sono vestiti, arnesi e molte armi, la sua prima passione. Ma non è tutto: nello stesso periodo, gli anni ’60 dell’800, Lane Fox comincia a praticare l’archeologia sul campo, in prima persona. Lo fa in Irlanda, dove si trova per lavoro: scava tumuli, fortezze, accampamenti, terrapieni e poi comincia a farlo in Inghilterra, a Londra, nello Yorkshire, nel Sussex e altrove. E la passione per l’archeologia lo porta anche a viaggiare. Nel 1879 Lane Fox si reca in Francia, nella regione della Bretagna, dove visita e indaga molti monumenti, in particolare siti megalitici, tipici di quella zona. Qui non scava, ma prende appunti, disegna schizzi topografici e piante. L’anno seguente si spinge fino in Danimarca dove visita il Danevirke, il terrapieno difensivo costruito nell’VIII secolo dai re danesi per impedire le invasioni da sud; e anche qui effettua un piccolo saggio di scavo per capire la struttura della fortificazione.
E così siamo arrivati al 1880, il momento della svolta più sostanziale nella vita di Lane Fox: l’anno in cui eredita la tenuta di Cranborne Chase e cambia il suo nome in Pitt Rivers. E forse capirete ancora meglio il personaggio e la forza della sua passione archeologica se considerate questo: per festeggiare l’enorme cambiamento che la vita gli ha riservato, nel 1881 il generale (è la sua ultima carica militare, ottenuta nel 1877) si regala una crociera in Egitto, nella valle del Nilo. Ma persino in questa occasione non resta soltanto a guardare gli straordinari monumenti degli antichi Egizi: nel corso del viaggio decide di scavare alcune tombe vicino all’antica città di Tebe!

Scavo del fossato a Wor Barrow. Photo ©Archivio Historic England
Le campagne di scavo a Cranborne Chase
Ora torniamo in Inghilterra, assieme a Pitt Rivers. Dopo la crociera in Egitto, il generale si getta a capofitto nella sua nuova vita. Finalmente prende possesso della tenuta di Cranborne Chase e comincia le sue campagne
di scavo. Mette insieme una squadra di assistenti, gente piuttosto esperta che aveva già scavato altrove; e la forza lavoro è costituita dai dipendenti della tenuta, agricoltori e allevatori che vengono impiegati per le imprese archeologiche del generale e via con gli scavi! Per cominciare, a Rushmore Barrows, una località dove i tumuli sono talmente tanti che non si riesce a contarli. E ancora, South Lodge Camp, dove nel 1893 indaga un cimitero e un fossato dell’Età del Bronzo. Qui per la prima volta Pitt Rivers produce anche, oltre ai disegni, una documentazione fotografica. Poi c’è Wor Barrow, scavato tra il 1893 e il 1894: un grande tumulo dalla forma allungata, con una prima fase databile all’epoca neolitica. E anche qui, Pitt Rivers sperimenta nuove tecniche di documentazione: fa costruire una torre in legno per scattare fotografie dall’alto. Nessuno lo aveva mai fatto prima, in Gran Bretagna; e questa idea verrà superata pochi anni dopo da Giacomo Boni, che nel Foro Romano scatterà le sue foto dall’alto di un pallone frenato. La qualità della raccolta dei dati in archeologia sta evolvendo a grandi passi, in questo periodo, e lo fa anche grazie alle trovate geniali di giganti come questi studiosi, geograficamente lontani ma in grande sintonia tra loro, senza nemmeno conoscersi. Le indagini di Pitt Rivers nei suoi possedimenti si protraggono dal 1880 fino al 1897. Durante l’anno successivo la salute del generale peggiora in modo sensibile, e lo costringe a fermarsi. Morirà nel 1900, all’età di settantatré anni e dopo un’esistenza molto attiva, quasi frenetica; un’intera vita vissuta a stretto contatto con la natura, con gli oggetti e con le antichità.

Pitt Rivers
Quel che resta di lui
Per qualche tempo, dopo la sua morte, Pitt Rivers viene quasi dimenticato dagli archeologi. Chi invece lo indicherà come la sua principale fonte di ispirazione, e in qualche modo il padre dello scavo archeologico a carattere scientifico, è Mortimer Wheeler, nel suo manuale Archaeology from the Earth (1954). Anzi, proprio grazie al successo del suo manuale, Wheeler ha contributo in maniera sostanziale alla creazione di un mito: il mito di Pitt Rivers come eccellente scavatore stratigrafo, anche se non è proprio così.
ùIl tempo passa, il nostro sguardo diventa sempre più critico e di recente è stato dimostrato che in realtà il generale non scavava usando il metodo stratigrafico. Vale a dire che non «sfogliava» il terreno strato per strato, elemento per elemento, nell’ordine inverso a quello in cui si erano depositati nel sottosuolo. No, ormai è tutto molto chiaro: Pitt Rivers scavava in modo arbitrario, stabilendo prima, a tavolino, lo spessore di terreno in base al quale approfondire l’indagine. E così, ecco sfatato il mito principale riguardo al generale, e cioè Pitt Rivers grande stratigrafo. Ma questo non deve portarci a sottovalutare tutto il resto delle sue attività e delle sue idee. Molte di queste restano valide e fanno di lui un gigante della storia dell’archeologia. Un punto da sottolineare riguarda la documentazione: per Pitt Rivers è importante registrare ogni informazione, in particolar modo tutto ciò che riguarda i reperti, e questo lo fa molto bene, in maniera accuratissima, nelle sezioni dei suoi scavi, dove si vede chiaramente ogni oggetto al suo posto, lì dove è stato trovato.
Il più famoso ritratto di Augustus Henry Lane Fox Pitt Rivers lo raffigura in piena campagna, impettito davanti a un tumulo. È imponente, con i capelli folti, lo sguardo severo e penetrante. In mano, un quaderno per gli appunti; a terra, poggiato lì accanto, si vede un piccone. Non si poteva riassumerlo meglio, il generale: all’aria aperta, nella sua tenuta e nel pieno delle attività, con un accento sulla documentazione (il taccuino) e l’altro sul lavoro manuale (il piccone). Lo sguardo di Pitt Rivers è fisso verso l’orizzonte: potremmo dire che è puntato verso un’archeologia ancora da definirsi, ma che lui stesso ha contribuito, e non poco, a far viaggiare sui binari giusti.
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