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Una veduta di Sous le pins, la caffetteria ristorante della Fondation Maeght

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Una veduta di Sous le pins, la caffetteria ristorante della Fondation Maeght

Alla Fondation Maeght tra i pini, Chagall e Miró

Il cuoco? Un artista! • Mangiare nel museo con il critico d’arte Rocco Moliterni

La Fondation Maeght è una perla della Costa Azzurra, creata negli anni ’60 del secolo scorso a Saint-Paul-de-Vence, poco distante da Antibes e da Nizza, da Aimé e Marguerite Maeght, celebre coppia di editori e mercanti d’arte. I due rappresentarono e furono amici di alcuni dei più importanti artisti dell’epoca, tra cui Braque, Miró e Giacometti, Calder, Léger, Chagall... E le opere di questi artisti sono disseminate sotto i pini e nelle sale dell’edificio progettato dall’architetto catalano Josep Lluís Sert

Sous le pins è il nome della caffetteria ristorante della fondazione e come dice il nome i suoi tavoli sono sistemati sotto i pini tra un mosaico di Chagall e una scultura di Miró. È aperta tutto il giorno, quindi si può andare per le petit déjeuner, un cappuccino (non è più così orrendo com’era in Francia un po’ di anni fa) e un croissant (una bomba di burro, ça va sans dire), ma ci sono anche biscotti e viennoiserie varie. A pranzo c’è una carta non molto ampia, ma con alcuni piatti interessanti. La gestione è del ristorante stellato Les Agitateurs di Nizza, che qui vuole proporre un’esperienza più legata «alla poesia gourmand dei sapori della macchia mediterranea», dicono. Il loro consiglio è di «partager», ossia condividere i piatti come ormai è la tendenza dei ristoranti di tendenza. Così tra le «entrées» c’è ad esempio «Un petite air de Grece», insalata con pomodori, anguria, cetrioli e l’immancabile feta (che io aborro, lo confesso) o una burrata con ciliegie e pomodori oppure i fiori di zucchina fritti accompagnati da maionese al limone e pesto. Li ho presi: erano fritti alla perfezione, croccanti e poco unti e mi hanno molto soddisfatto. Tra i «plats» pesce crudo con vinaigrette al frutto della passione, o la «Bavette de bœuf grillée», che poi sarebbe una tagliata, con una riduzione di porto, scalogno, prezzemolo, dragoncello e patate fritte. L’ho chiesta «soignant» ossia al sangue ed era molto gustosa, ma a costo di passare per esterofilo direi che in genere la carne in Francia è più buona che in Italia. Ho chiuso con un dessert «Vacherin Pol Bury», ossia pesche con coulis di lamponi alla verbena. Interessante. Ho bevuto un calice di rosé di Provenza beverino, ho speso 60 euro e ho continuato a deliziarmi con la bella mostra della scultrice inglese Barbara Hepworth, aperta fino al 2 novembre.

Rocco Moliterni, 17 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

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