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Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliLa scomparsa di Brigitte Kowanz tre anni fa, all’età di 64 anni, non ha attenuato l’attenzione per la sua produzione votata alla sperimentazione soprattutto con luce, linguaggio e scrittura. Nello spazio pubblico viennese, il suo ricordo si accende peraltro ogni notte con i tre «Cerchi di luce» realizzati nel 2020, che illuminano il tetto del Leopold Museum, e sono visibili nel centro della città ben oltre il perimetro del Museumsquartier.
La sua tenace ricerca per rendere visibile l’immaterialità, l’effimero, la pervasività della comunicazione, la dicotomia analogo-digitale, il rapporto fra luce, spazio e tempo, l’ha portata a diventare una delle più apprezzate artiste austriache. Dal 18 luglio al 9 novembre l’Albertina omaggia l’artista con la mostra «Brigitte Kowanz. La luce è quello che vedi», costituita da 80 opere che spaziano dai primi lavori dell’inizio degli anni Ottanta, via via fino agli ultimi realizzati nel 2021-22, in cui prevale l’uso di vetri e specchi che moltiplicano spazi e ambienti.
Per la realizzazione della mostra, la curatrice Angela Stief (anche direttrice dell’Albertina Modern) ha deciso di proporre un allestimento particolarmente attento alla messa in risalto delle opere: «Per esempio con l’uso di luce nera, che fa irradiare in modo speciale alcuni lavori basati su elementi fluorescenti, o con pareti completamente a specchio. Anche la disposizione degli oggetti è pensata affinché possano dialogare fra loro. Nel nostro intento, vorremmo che l’allestimento creasse una sorta di opera d’arte totale, capace di rivelare ulteriori strati semantici della produzione di Kowanz, che è stata una pioniera nell’esplorazione artistica di luce, media e virtualizzazione».
La poetica dell’artista e pedagoga, che ha insegnato fra l’altro all’Accademia di Arti Applicate di Vienna dal 1997 al 2021, è oggi particolarmente attuale, ci spiega ancora Stief: «Ha esplorato le complesse costanti di spazio e tempo, che danno forma alla nostra esperienza, e ha indagato i limiti e i confini tra reale e virtuale. Dunque la sua produzione è in profonda sintonia con lo spirito del nostro tempo».
Fra le opere esposte spiccano «Alfabeto Morse» e «Email 02.08.1984 03.08.1984»: «Si tratta di lavori che anticipano temi come la digitalizzazione, la virtualizzazione e la società dell’informazione, prosegue Stif. Lei ha peraltro dedicato diverse opere a invenzioni come le e-mail, internet, Wikipedia, o Google. E il codice Morse è stato per diversi decenni un suo tema centrale, dedicato a questo linguaggio minimo binario che tuttavia consente di esprimere contenuti anche complessi con l’alternanza di presenza-assenza, lungo-breve, punto-linea. In un certo senso il codice Morse sta alla base della nostra società digitale. Con le sue riflessioni artistiche lei ha accompagnato i traguardi tecnologici e le innovazioni delle telecomunicazioni degli ultimi decenni e dunque fra l’altro anche l’avvento delle email, con appunto “Email 02.08.1984 03.08.1984”, con cui ha ricordato il momento storico in cui venne inviata la prima email».

Brigitte Kowanz, «1x8», 1988, Vienna, Albertina, collezione Haselsteiner. © Estate Bk bildrecht. Photo: Albertina Wien

Brigitte Kowanz, «Morse alphabet», 1998, Estate Bk. © Estate Bk bildrecht. Photo: Ulrich Ghezzi