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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliIl Musée Fabre di Montpellier riscopre l’opera di Toni Grand, scultore del legno la cui tecnica ricorda il modo di lavorare di Giuseppe Penone, esponendo una settantina di opere, alcune monumentali. La retrospettiva «Toni Grand. Frammenti di una cosa possibile», allestita dal 20 gennaio al 5 maggio 2024, intende «fornire chiavi di lettura per comprendere una delle pietre miliari della scultura della seconda metà del ’900 e che ha influenzato un gran numero di artisti, da Richard Deacon, a Katinka Bock passando per il coreografo Boris Charmatz», precisano dal museo. Toni Grand, scomparso nel 2005 a 70 anni, era nato nel 1935 a Gallargues-le-Montueux, un paese poco lontano da Montpellier. Espose per la prima volta alla Biennale de Paris nel 1967. Per le sue prime opere utilizzò materiali come il piombo, l’alluminio e l’acciaio, ma dalla fine degli anni Sessanta, e per una decina di anni, lavorò solo il legno.
Fu spesso associato al gruppo Supports-Surfaces, ma molti critici lo avvicinano piuttosto all’Arte povera e all’opera poetica di Giuseppe Penone. «Vivevamo nella crisi della rappresentazione. Dopo l’École de Paris non era più possibile fare come prima, disse Toni Grand. Alla fine del ’900, la questione era trovare come fare una pittura o una scultura radicalmente nuova. Bisognava ricominciare da capo». I lavori di Toni Grand, nel loro aspetto grezzo e minimalista, sono dunque opere di rottura, che si oppongono alla cultura del consumismo dilagante.
Nel 1982 presentò alla Biennale di Venezia due nuove sculture che segnarono l’inizio di una nuova fase della sua carriera: semplici colonne cilindriche in legno stratificato rivestite di resina sintetica. Grand cominciò allora a utilizzare la resina come «una seconda pelle» e la combinò ad altri materiali, anche improbabili, come pietre e ossa. I suoi lavori sono esposti raramente. L’ultima mostra a lui dedicata è quella del Mamco di Ginevra del 2013. In Francia, il Musée d’Art Contemporain di Marsiglia gli dedicò un omaggio nel 2007, a due anni dalla sua morte.
Fino al 21 aprile 2024, il Musée Fabre presenta anche una quarantina di opere di Christian Jaccard, di cui 24 disegni che l’artista franco-svizzero, maestro del processo di combustione, ha donato al museo nel 2021. A 89 anni, l’artista (nato nel 1939 nella regione parigina) continua a lavorare tra Parigi e Saint-Jean-du-Gard, nel Sud della Francia. Vicino al movimento Supports-Surfaces, di cui il museo possiede un fondo importante, si è distinto per l’uso del fuoco come principale materiale di produzione artistica.
Nel 1984, durante un soggiorno in Italia, realizzò con questa tecnica una serie di tele che chiamò «Rouge émis», tra cui «Tondo Brn 04», in omaggio ai «tondi» degli artisti rinascimentali, e che intende rinviare all’esplosione del Vesuvio. Jaccard ha anche elaborato il «concetto sopranodale», creando opere più scultoree costituite da accumuli di strutture nodose.

«Grande courbe fermée noire» (1977), di Toni Grand. © Foto: Benjamin Soligny e Raphaël Chipault, Agence photographique de la Réunion des Musées Nationaux - Grand Palais des Champs Elysées. © ADAGP, Paris, 2024

«Sans titre» (1983), di Toni Grand. © Foto: Frédéric Delpech. © ADAGP, Paris, 2024

«Tondo BRN 04» (1991), di Christian Jaccard. Musée Fabre de Montpellier Méditerranée Métropole. Foto: Frédéric Jaulmes. © ADAGP, Paris, 2023
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