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Rosalba Cignetti
Leggi i suoi articoliUn tappeto rosa tra le colonne del British Museum non si era mai visto. Il 18 ottobre 2025 l’istituzione londinese ha inaugurato il suo primo Pink Ball, un evento di gala che segna una svolta nella politica di raccolta fondi del museo più visitato del Regno Unito. La serata, ideata dal nuovo direttore Nicholas Cullinan, ha riunito circa ottocento ospiti tra arte, moda e finanza, con biglietti da 2.000 sterline e tavoli da ventimila. In un momento in cui i tagli ai finanziamenti pubblici costringono anche le istituzioni più solide a cercare nuove risorse, l’obiettivo era chiaro: sperimentare un modello di fundraising su scala internazionale, capace di attrarre sponsor e collezionisti.
La protagonista invisibile della serata è stata Isha Ambani, erede del colosso indiano Reliance Industries, che ha sostenuto l’evento e la mostra Ancient India: Living Traditions, in corso al museo. La sua presenza ha reso esplicito un cambio di paradigma: la cultura come piattaforma diplomatica, dove economia e patrimonio si uniscono in una rete globale di interessi e visioni. Tra gli invitati, nomi di peso del mondo dell’arte e della moda – da Naomi Campbell a Miuccia Prada – hanno conferito al gala un’aura da red carpet culturale, ma con un fine preciso: sostenere la programmazione e le attività educative del museo.
Non sono mancate, però, le polemiche: il governo greco ha criticato l’uso della sala del Partenone come sfondo per l’evento, giudicandolo “irrispettoso” verso i marmi contesi. Ma al di là della contingenza, il segnale è forte: il British Museum sta cercando una via di autosufficienza economica fondata su partnership globali e relazioni private. Un esperimento che, tra mondanità e strategia, riflette la necessità per i grandi musei pubblici di ripensare il proprio modello economico e relazionale, aprendosi a una geografia culturale più ampia e interdipendente.
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