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Rosalba Cignetti
Leggi i suoi articoliCon la quarta edizione di MADE IN, Artissima consolida uno dei suoi progetti più strutturali sul fronte del rapporto tra arte contemporanea che si distingue per un’impostazione che lavora dall’interno dei processi e non sulla loro rappresentazione, trasformando una pratica virtuosa spesso evocata, in un modello operativo misurabile, scandito da tempi, risorse e responsabilità condivise.
Nato nel 2022 e promosso con il sostegno della Camera di commercio di Torino, MADE IN si configura come un programma di produzione artistica che mette in relazione diretta giovani artisti e aziende piemontesi, chiamate non per sostenere l’arte come sponsor ma per diventarne infrastruttura produttiva. L’edizione 2026, la cui open call è stata annunciata il 16 dicembre, coinvolge quattro imprese emblematiche per storia, competenze e posizionamento — Blue Engineering, Ferrino, Galup e Oscalito 1936 — e prevede l’attivazione di un’open call rivolta ad artisti tra i 21 e i 35 anni, attivi sul territorio italiano, con formazione accademica e disponibilità a svolgere una residenza a Torino tra marzo e fine giugno 2026. La scadenza per la presentazione delle candidature è fissata al 25 gennaio 2026 e la selezione sarà affidata a un comitato presieduto dal direttore di Artissima Luigi Fassi, insieme alle quattro gallerie torinesi coinvolte e alla curatrice del progetto Sonia Belfiore. Il fulcro del programma risiede nella residenza in azienda, concepita come tempo di lavoro reale e non come semplice visita: ogni artista potrà modulare la propria permanenza in modo flessibile, tornando più volte negli spazi produttivi, accedendo a lavorazioni, materiali, competenze tecniche e manodopera, secondo un piano concordato che tiene insieme esigenze industriali e ricerca artistica. A questo dispositivo operativo si affianca un impianto economico preciso, che rende il progetto leggibile anche in termini di investimento: Artissima mette a disposizione per ciascun artista un budget di 3.000 euro destinato all’hospitality — viaggi, vitto e alloggio, in partnership con Combo, ostello di nuova generazione attivo anche come hub culturale — e un budget di produzione di 2.500 euro, a cui si sommano le risorse messe in campo direttamente dalle aziende ospitanti. La residenza culminerà nella produzione di quattro opere inedite, che verranno presentate ad Artissima 2026, restituendo alla fiera non solo il ruolo di piattaforma di visibilità ma quello, più raro, di luogo di restituzione di processi produttivi complessi. MADE IN funziona come un laboratorio avanzato di arte e impresa, in cui la filiera industriale — dall’ingegneria avanzata di Blue Engineering alla cultura dell’outdoor di Ferrino, dall’artigianalità dolciaria di Galup alla filiera tessile sostenibile di Oscalito — diventa materiale concettuale e operativo per l’opera, senza essere tradotta in narrazione illustrativa o storytelling di marca. Il coinvolgimento delle gallerie Luce Gallery, Mazzoleni, Franco Noero e Simóndi Gallery nel ruolo di «madrine progettuali» rafforza ulteriormente l’ecosistema, inserendo il lavoro degli artisti in una rete professionale che tiene insieme produzione, accompagnamento critico e mercato, e sottolineando come il progetto non sia pensato come parentesi sperimentale ma come esperienza spendibile nel medio periodo. Le edizioni precedenti, che tra il 2023 e il 2025 hanno visto la partecipazione di aziende come Pininfarina Architecture, Azimut Yachts, Sabelt, Xerjoff o Kristina Ti, mostrano una continuità di visione che lega il progetto a una strategia più ampia di Artissima, orientata a valorizzare Torino come territorio di maestrie produttive e competenze industriali ancora attive, capaci di dialogare con la ricerca artistica contemporanea. In un contesto in cui molte iniziative arte-impresa si esauriscono nella logica dell’evento o della committenza simbolica, MADE IN si distingue per la sua natura processuale e per la chiarezza del suo impianto: tempi definiti, budget dichiarati, ruoli espliciti e una restituzione pubblica che rende visibile non solo il risultato finale ma l’idea stessa di produzione come spazio di incontro tra economia reale e immaginario contemporaneo, proponendosi come best practice replicabile nel dibattito attuale su come l’arte possa operare dentro, e non accanto, ai sistemi produttivi
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