Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliNella giornata del 23 dicembre è scomparsa Maria Bonghi Jovino, una delle figure più note dell’archeologia italiana, che si era formata e affermata in decenni in cui la disciplina era quasi esclusivamente al maschile.
La sua vita professionale, ma non solo quella, può essere ripercorsa prendendo in mano due pubblicazioni: il suo libro Città sepolte d’Etruria (Edizioni Unicopli, 2005), in seguito ampliato e ripubblicato con un titolo diverso Tarquinia. I tempi della scoperta. Realtà e immaginario di un archeologo (2011), e il libro intervista Nei laboratori dell’archeologia. Temi per il terzo millennio (Mimesis, 2019) curato da Federica Chiesa, una delle sue allieve. Della scuola che era riuscita a creare vanno ricordate, almeno, Giovanna Bagnasco Gianni e Cristina Chiaramonte Treré.
Maria Bonghi Jovino era nata a Napoli nel 1931 e quindi da bambina e da adolescente attraversò la seconda guerra mondiale: nei suoi ricordi, rammenta, nell’autunno del 1945, il ritorno della zia Franca Scaramellino Renzi dal campo di concentramento di Ravensbrück, dove era stata internata per i suoi ideali politici. Quindi gli anni trascorsi, sempre a Napoli, al Liceo ginnasio Umberto I tra il 1945 e il 1949, l’iscrizione poi all’Università «Federico II» e la successiva laurea con Amedeo Maiuri, che, ormai anziano, teneva il corso di Antichità Pompeiane: «dietro la massiccia scrivania parlava lentamente e osservava attraverso i suoi spessi occhiali».
L’esperienza a Roma presso la Scuola Nazionale di Archeologia, dove ebbe modo d’incontrare Massimo Pallottino, che, insieme ad Ettore Lepore, ha considerato sempre uno dei suoi maestri. Arrivò l’esperienza all’estero, in Olanda, presso l’Università di Leiden, ma vivendo a L’Aia, dove il marito si era trasferito per lavoro, e raggiungendo ogni giorno la sede universitaria. Quindi il ritorno in Italia e l’avvio di una carriera universitaria svolta presso l’Università degli Studi di Milano, dove è stata a lungo professoressa ordinaria di Etruscologia e Archeologia Italica (1980-2007).
Tra gli scavi che ha seguito e promosso a Capua, a Luni, a Pompei e a Tarquinia vanno ricordati, in particolare, questi ultimi iniziati nel 1980 e condotti nell’abitato: si è trattato del primo scavo nell’area urbana di una grande città-stato etrusca. Ciò suggerisce bene il suo approccio innovativo verso gli sviluppi dell’etruscologia, che si è integrato con una curiosità notevole per il confronto con altre discipline, come, ad esempio, l’antropologia, e l’apertura verso le nuove tecnologie. Un’altra sua caratteristica è stata la comunicazione tempestiva dei risultati delle ricerche portate avanti con pubblicazioni specialistiche, ma anche con mostre ideate per un pubblico più ampio. Va ricordata, inoltre, la sua presenza nel Consiglio Direttivo dell’Istituto di Studi Etruschi e Italici (1993-2016) e nel Comitato scientifico della Fondazione per il Museo “Claudio Faina” (1996-2022), dove l’aveva voluta Giovanni Pugliese Carratelli.
La sua vita si è appena conclusa e voglio riportare, in chiusura, alcune righe scritte da lei che descrivono il commiato da uno scavo, ma idealmente non solo da quello: «Ė terminata l’ultima campagna di scavo perché l’autunno è avanzato. Fa freddo. Abbandoniamo le rovine con un senso di incompiutezza, una sensazione di non finito … e, all’imbrunire, si accendono le prime luci come a punteggiare di vita l’intero paesaggio».
Tarquinia, Tempo dell’Ara della Regina
Altri articoli dell'autore
Tra gli studiosi si fa largo l’ipotesi di una scuola medica legata all’area sacra: notevole la quantità di ex voto, alcuni dei quali veri e propri modelli anatomici. Il cinquecentesco Palazzo dell’Arcipretura, acquisito dal Mic, sarà dedicato alle scoperte nel sito
Il centenario del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana istituito l’11 dicembre 1925 offre l’occasione per il Santo Padre di riflettere sull’importanza della disciplina, sul suo significato profondo e sulle sfide che deve affrontare l’archeologo
Al Ministero della Cultura è stato presentato il frammento in marmo della fanciulla dal caratteristico sorriso arcaico e dalla «luce mediterranea»
Dopo la tappa berlinese lo straordinario deposito votivo etrusco-romano approda all’Archeologico della gloriosa colonia romana



