Image

«Grande integrazione» (1957), di Carla Accardi (particolare). Milano, Museo del Novecento

Image

«Grande integrazione» (1957), di Carla Accardi (particolare). Milano, Museo del Novecento

Accardi: l’astratto italiano ha la sua primadonna

A Palazzo delle Esposizioni la più grande mostra (quasi cento opere realizzate dal 1946 al 2014) dedicata all’artista siciliana di nascita, ma romana di adozione

Guglielmo Gigliotti

Leggi i suoi articoli

Palazzo delle Esposizioni celebra il centenario della nascita (1924) e il decennale della morte (2014) di Carla Accardi con la più grande mostra mai dedicata alla primadonna dell’astrazione italiana, allestita dal 6 marzo al 9 giugno. Le curatrici Daniela Lancioni e Paola Bonani hanno accuratamente selezionato quasi cento opere realizzate dal 1946 al 2014, tutte emblematiche di un viaggio nel mondo della pittura intesa come costruzione lineare di segni e labirinti grafici.

In principio era Forma, il gruppo costituito nel 1947 con Dorazio, Perilli, Consagra, Turcato, Guerrini, Attardi e il futuro marito Sanfilippo, con opere contrassegnate da un Neocubismo astratto e lirico. A queste opere seguono in mostra quelle in cui, dal 1954, si affermano le ramificazioni di un segno che si fa scrittura pittorica, e che lanceranno la pittrice siciliana (romana dal ’46) anche all’estero, in mostre curate da Michel Tapié. L’adozione, quale supporto, del sicofoil trasparente a metà anni Sessanta, introduce una stagione di espansione della pittura nell’ambiente, nonché di meditazioni d’ordine concettuale su strumenti e valori del dipingere. Dagli anni Ottanta in poi, il ritorno alla pittura pura è all’insegna di opere monumentali, in cui trionfa un segno di nitore assoluto.

La mostra è frutto di una relazione serrata con l’Archivio Accardi Sanfilippo, e del sostegno della Fondazione Silvano Toti. Ma soprattutto è l’esito di uno studio approfondito come mai prima sui motivi e i caratteri dell’arte di Carla Accardi, espletato dalle curatrici Lancioni e Bonani col fine di restituire nell’insieme, in mostra e nelle 700 pagine del catalogo bilingue Quodlibet, lo spirito che sommuoveva la ricerca di questa artista. A principiare dalla «scrittura espositiva»: «Abbiamo ricomposto parti di sue mostre, raccontano le curatrici, in cui si palesa la sua volontà di esprimersi anche con l’allestimento nello spazio delle opere, come nel caso della sala personale alla Biennale di Venezia del 1988, di cui abbiamo recuperato quasi tutti i grandi dipinti».

Presentando invece in catalogo la sala personale alla Biennale di Venezia del 1964, Carla Lonzi, sua futura compagna di battaglie femministe all’interno del movimento Rivolta femminile, elenca, quali riferimenti linguistici del segnismo accardiano, Arp, Miró, Matisse, nonché «ricordi di geroglifici moreschi, barocchi, liberty, e disegni infantili».
IMG20240304112129400_130_130.jpeg
E Sanfilippo? «L’influenza dell’allora marito è indubbia, concordano le curatrici, soprattutto nella prima stagione segnica degli anni Cinquanta, incentrata sul contrasto tra bianco e nero. Ma Accardi procede per una sistematizzazione del segno, che in Sanfilippo non c’è. Per Carla Accardi si può parlare anche di Hartung, Mathieu, Wols. Senza dimenticare lo stimolo iniziale di Capogrossi, nella sua svolta verso l’astratto nel 1949. Ma non bisogna mai dimenticare che in Carla Accardi non c’è solo il segno, ma anche il rapporto di questo col fondo. È segno nello spazio, pittura che interagisce con un campo. È dunque sempre segno che si pone in relazione con qualcos’altro».

Com’era umanamente Carla Accardi?
Era come la sua pittura nel rapporto tra segno e spazio. Era sempre in relazione al prossimo, estroversa e calorosamente aperta a tutti. Quando la incontravi, chiedeva sempre di te, e non voleva parlare di sé. È stata peraltro l’artista che ha più dialogato con generazioni altre dalla sua: amica di Giulio Paolini e di Luciano Fabro, frequentò giovani come Stefano Arienti, Giuseppe Salvatori e tutti gli artisti del collettivo di Sant’Agata dei Goti a fine anni Settanta. Le era propria una propensione alla coralità e un’attitudine poco egocentrica.

Questo senso della coralità ha facilitato anche il concepirsi donna in lotta per tutte le donne, nella sua pioneristica militanza femminista?
Certo. Solo che il suo senso di partecipazione non era mai politico, nel senso di partitico. Già il gruppo Forma prospettava un senso sociale dell’arte, disgiunto dal politico.

Le opere ambientali degli anni Sessanta, a principiare dalla «Tenda» in sicofoil del 1965-66 in mostra, come pure la «Triplice Tenda» del 1969-71, prestata dal Centre Pompidou, rispondono di questa espansività verso il prossimo e l’esterno?
Sì, ma bisogna sempre considerarle percorsi che avvengono dentro la pittura. Anche alla fase più concettuale, lei ci arriva come scelta di un percorso pittorico. Il sicofoil, ad esempio, è connesso a una riflessione sulla luce e sulla trasparenza del supporto.

Il successo di Carla Accardi negli ultimi vent’anni è anche di mercato. Come vi spiegate questo fenomeno?
I fattori sono almeno tre: la qualità sempre alta della sua arte, connessa a una quantità sempre controllata; l’accorta politica galleristica e museale, prima di Accardi stessa, poi dell’Archivio Accardi Sanfilippo; l’interesse degli ultimi anni per la sua figura di artista femminista.

Guglielmo Gigliotti, 04 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

L’ironia sostenuta dall’ingegno di Filippo Lippi e le bizzarrie del figlio Filippino in mostra a Roma ai Musei Capitolini

INCHIESTA SUL FUTURISMO 8. | «È stato un fenomeno diffuso nella penisola e tanti, oggi, hanno un futurista da riscoprire. Dunque, bene il revival, purché sia scientifico e certi assunti non vengano travisati»

«Saranno visitabili anche di notte, ovunque siate», annuncia Fabio Tagliaferri, l’uomo di fiducia di Meloni nominato presidente della «geniale» società del Ministero della Cultura. «Inizieremo con il rivoluzionare la comunicazione»

Nella ventina di tele, quasi tutte inedite, del pittore siciliano allestite al Museo Hendrik Christian Andersen, la novità sono le navi da guerra all’orizzonte, piccoli segni dei nostri tempi

Accardi: l’astratto italiano ha la sua primadonna | Guglielmo Gigliotti

Accardi: l’astratto italiano ha la sua primadonna | Guglielmo Gigliotti