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Jacqueline Kennedy Onassis, stanca di trovarselo sempre intorno, lo denunciò; Marlon Brando, meno signorile, gli ruppe una mascella con un pugno e Sean Penn, ai tempi della storia con Madonna, gli sputò in faccia, mentre le guardie del corpo di Richard Burton gli spezzarono un dente: una vita spericolata, la sua, tanto che, dopo l’«incidente», quando pedinava Brando indossava un casco da football americano. Ma Andy Warhol, con la consueta lucidità, sentenziò: «Una buona foto deve ritrarre una persona famosa mentre fa qualcosa di non famoso. Il suo essere nel posto giusto al momento sbagliato. Ecco perché il mio fotografo preferito è Ron Galella».
È di lui che parliamo, il «re dei paparazzi», nato nel Bronx, New York, nel 1931, morto nel 2022 nel New Jersey. Il padre era emigrato negli Stati Uniti da Muro Lucano, e il Consiglio Regionale della Basilicata gli rende ora omaggio, in Palazzo Viceconte a Matera (poi a Potenza), con la mostra curata da Fondazione SoutHeritage «Ron Galella. Italian Icons. Scatti rubati al tempo» (dal 20 gennaio al 18 febbraio, catalogo edito dal Consiglio Regionale). Sono esposti 70 suoi scatti in bianco e nero degli anni tra i ’60 e i ’90, ricevuti in dono dal fotografo nel 2009 e ora restaurati, esemplari dello stile di Galella, che quando parlava delle celebrità da lui inseguite (e sempre immortalate quando, fuori dai riflettori, abbassavano la guardia ed erano come tutti noi, con le imperfezioni e i cedimenti di ognuno), le definiva senza troppi giri di parole «le mie prede».
Spiegava: «ho sempre scattato a raffica, come un pazzo per riuscire a catturare la normalità, una smorfia spontanea, un gesto che smonta la presunta perfezione della loro immagine prefabbricata». E quasi sempre ci è riuscito. Tanto da farli, appunto, imbestialire. Ma da lasciare, in compenso, in eredità documenti impagabili di quegli anni in cui dilagava il fenomeno del divismo.
In mostra a Matera sono i «divi» italiani: in copertina del catalogo, una bellissima Silvana Mangano di profilo, all’interno la perfezione inattaccabile (anche dall’obiettivo di Galella) del volto di Virna Lisi, e poi Gina Lollobrigida, Monica Vitti, Mastroianni, Pavarotti, Benigni, Zeffirelli e molti altri ancora.
Alla fotografia Ron Galella si era appassionato a 19 anni, quand’era nell’esercito durante la guerra di Corea, poi si era perfezionato all’Art Center of Design di Los Angeles, dove si era laureato in fotogiornalismo, per diventare fotoreporter per i tabloid e passare in seguito alle grandi riviste patinate e a un periodico sofisticato come «The New Yorker». E di qui entrare nelle collezioni dei più importanti musei internazionali, dal MoMA di New York alla Tate Modern di Londra.



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