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Luana De Micco
Leggi i suoi articoli«Don Chisciotte indossa un’armatura da bricolage, è risoluto, è pronto per la battaglia. Ma non per una battaglia qualsiasi, si prepara alla più bella: una guerra già persa. Cosa c’è di più cavalleresco che affrontare altezze insormontabili, andare a scovare la realtà per neutralizzarla e glorificare l’illusione, spogliare le apparenze affinché non abbiano la meglio sull’immaginazione?» Scrive così Pierre-Olivier Costa, presidente del Mucem di Marsiglia in una nota introduttiva alla mostra dedicata all’eroe creato nel 1605 dalla penna di Miguel de Cervantes: «Una storia folle, una storia da ridere», dal 15 ottobre al 30 marzo 2026. Un eroe nato in Spagna ma diventato universale, che non resta confinato al libro per farsi icona artistica, politica e popolare.
La mostra, curata da Aude Fanlo, responsabile del dipartimento della Ricerca al Mucem, e la conservatrice Hélia Paukner, hanno scelto di osservare il mito da un punto di vista particolare: non quello del tragico eroe romantico, ma quello del «folle», che diverte, destabilizza, mette in crisi certezze e convenzioni. «La mostra mira innanzitutto a suscitare il piacere, l’entusiasmo, la curiosità, spiega Hélia Paukner. Abbiamo messo in particolare risalto il carattere comico dell’opera e la ricorrenza dei temi dello spettacolo, del teatro e della festa. La diversità delle opere esposte contribuisce anche a deliziare il pubblico: grazie a ravvicinamenti talvolta audaci, il percorso riserva sorprese».
Lungo il percorso tematico sono allestite più di 200 opere, provenienti da epoche e contesti diversi, molte dalle collezioni del museo, altre prestate da istituzioni internazionali, come il Museo Reina Sofía di Madrid, il Museo Picasso di Barcellona e la Biblioteca Nacional de España. Sono esposti lavori di Charles Antoine Coypel, Gérard Garouste, Cristina García Rodero, Julio González, William Hogarth e Francisco Goya. Il visitatore segue il cavaliere errante protagonista di incisioni e stampe, fino alle rivisitazioni contemporanee, performance, installazioni e fotografie, oltre che come personaggio che figura su riviste, carte da gioco e persino cataloghi commerciali.
È soprattutto nell’800 che l’immaginario intorno a Don Chisciotte della Mancia si moltiplica grazie a pittori e illustratori e soprattutto a Gustave Doré che, con le sue celebri illustrazioni per l’edizione francese del 1863, definisce il canone visivo che ancora oggi influenza il nostro modo di immaginare Don Chisciotte. Da parte sua, Honoré Daumier, che comincia a interessarsi al libro di Cervantes nel 1850, non disegna ma dipinge un eroe malinconico, come nell’olio su tela «Don Quichotte et la mule morte» (1867), dove le figure del cavaliere e del fedele scudiero Sancho Panza sono appena schizzate e incedono in un paesaggio spoglio.
Nel ’900 il mito approda nelle avanguardie. Pablo Picasso dedica a Don Chisciotte una celebre china del 1955, presente in mostra, che riduce il cavaliere e Sancho a due sagome essenziali su sfondo di mulini stilizzati. Da parte sua, Salvador Dalí rivisita il tema in chiave surrealista, enfatizzando il delirio. Don Chisciotte continua a vivere nell’arte contemporanea: nella sua video performance «Le chevalier errant, l’homme sans ici» (2018), qui presentata con un montaggio inedito, Abraham Poincheval ha attraversato a piedi la campagna bretone con indosso un’armatura medievale di 30 chili, incarnando il destino errante di un cavaliere senza cavallo. Don Chisciotte ha popolato anche cataloghi pubblicitari come quello ideato da Léon Gischia e Alfred Latour per i vini Nicolas nel 1953, ha dato il nome a riviste satiriche come «Don Quichotte. Tout est politique» (2000), ha ispirato i cineasti, tra i quali ovviamente Terry Gilliam, che ha impiegato 25 anni per realizzare il suo film su Don Chisciotte.
Il Mucem invita il visitatore a riconoscersi nell’eroe di Cervantes, a ridere e a pensare con lui, della sua ostinazione, della sua lotta contro i mulini a vento: «Don Chisciotte è fondamentalmente anacronistico. Irrompe nel presente per instaurare un ideale cavalleresco scomparso da tempo. È completamente has been, eppure vediamo in lui l’inventore del nostro mondo moderno, perché i sorrisi che ci strappa insinuano il dubbio in ciò che vediamo e in ciò che crediamo, osserva la curatrice Aude Fanlo. Sul piano politico, incarna la lotta per le cause giuste, anche se disperate. Ma, allo stesso tempo, l’ilarità permette di prendere le distanze, di introdurre il sospetto, la complessità, la perplessità, l’autoderisione: ci insegna a vedere il mondo col sorriso, ovvero ad altezza umana, in un modo al tempo stesso gioioso e preoccupato, e non attraverso regole e ideologie».

Gustave Dore, «Don Chisciotte», 1863. © Bibliothèque nationale de France

Un numero della rivista «Don Quichotte. Tout est politique», 2000. © Mucem, David Giancatarina