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Veronica Rodenigo
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Cinzia Lo Fazio
La carriera di Cinzia Lo Fazio inizia nel 1980 come assistente di Luciano Ricceri. Un solido rapporto che durerà 22 anni. Nel cinema lavora al fianco di registi come Ettore Scola e Giuliano Montaldo alternando esperienze come scenografa o come supervising nei grandi progetti internazionali. Tra i titoli più celebri spiccano «Angeli e Demoni», «Red Notice», «Tut- il destino di un Faraone».Dal 2010 collabora con la Fondazione Mac Millan ed è la supervising europea dell’Opera House di Londra. Il suo è uno sguardo da addetta ai lavori che ci immerge nel mondo dei teatri di posa, in un panorama affamato di nuove figure che uniscano il saper fare alle nuove tecnologie.
Cinecittà ha annunciato un piano di espansione che porterà da 20 a 25 teatri di posa. È lo specchio di un aumento della domanda che evidentemente li predilige ad altri contesti? Quali le ragioni di questo fenomeno?
Il motivo per il quale si sta girando di più a Cinecittà e, in generale, nei teatri di posa rispetto ai tempi di Fellini, Scola, Tornatore è che allora il teatro era una scelta solo artistica. S’inventava lo spazio per il film da raccontare. Adesso le scelte non sono dettate solo da quel motivo ma da tantissime ragioni. La prima: siamo a Roma e la città è diventata un luogo non facile per girare un film. Il secondo motivo è il ritorno a fiction e a serie storiche, dove l’ambiente va quindi ricostruito. La terza ragione è la diffusione di fiction seriali a più stagioni e quindi i luoghi più significativi delle lunghe serialità ripetute nel tempo vanno ovviamente conservati. Penso al tribunale e al carcere di «Mare fuori» e alle ambientazioni de «L’Amica Geniale». Rispetto al mio passato ora si tratta di una scelta sia artistica che logistica. Ci sono progetti che non possono essere sviluppati se non in teatro. Per Cinecittà è un momento di grande rilancio, in concomitanza anche con l’ottenimento di un grande finanziamento europeo dei fondi PNRR.
Come sta cambiando rispetto al passato la sua professione?
Le tempistiche sono cambiate tanto. Io sono stata la prima presidente donna dell’Associazione Italiana Scenografi Costumisti e Arredatori. Secondo i nostri studi statistici 30 anni fa un film aveva le settimane di preparazione uguali se non maggiori a quelle di riprese. Adesso un film che ha 16 settimane di girato te lo propongono con 5 settimane di preparazione. È diventato un lavoro molto complicato e giovani scenografi si trovano a dover accettare questa situazione. Le tempistiche sono pazzesche. Le tecniche esecutive per nostra fortuna di fatto sono rimaste le stesse. Per questo organizziamo dei corsi per creare nuove maestranze: servono manualità, inventiva, e tantissima velocità.
E in merito all’utilizzo di nuovi materiali?
I plotter per le grandi stampe hanno sostituito tantissimo i materiali di 30 anni fa. Penso ai pavimenti dipinti a mano, le vecchie marmette, con la prima campitura, poi gli schizzetti del marmo, le greche fatte con lo stencil…adesso si manda in stampa e otteniamo dei pavimenti meravigliosi che poi vengono patinati. Ricordo che anche per reperire le carte da parati d’epoca un tempo si andava in giro per tutti i negozi del Lazio che avessero avanzi di magazzino: Rieti, Frosinone... Per noi erano grandi esperienze socialmente indimenticabili. Questo è un altro cambiamento radicale rispetto ai materiali. I ragazzi di oggi quindi passano le ore a cercare su internet magari su Pinterest le immagini e poi a stampare. Un altro dato che si è modificato nel tempo è il numero delle persone necessarie in un reparto. Fino a 10 anni fa si era un numero moderato perché servivano competenze determinate. Ora serve chi controlla le royalty, chi archivia foto, chi esegue concept per il regista … Il reparto scenografia oggi di solito consta di 7-8 persone anche per progetti non internazionali. Diciamo che il lavoro si è frammentato in sottocompetenze.
Esiste anche il problema di reperimento di maestranze specializzate?
Sì, esiste questo problema, le maestranze stanno scomparendo fisicamente, ma il lavoro è aumentato. Per questo Cinecittà Luce in collaborazione con l’Associazione Scenografi Costumisti e Arredatori sta organizzando dei corsi di formazione professionali, gratuiti, di 500 ore ma incredibilmente le iscrizioni stanno scarseggiando.
A che cosa sta lavorando ultimamente?
Dal momento che ho anche una formazione di teatro lirico in questo momento mi sto occupando del mio debutto europeo che avverrà nel 2024 con uno spettacolo di balletto teatrale: «Gustavia». È una produzione del teatro dell’opera di Stoccolma finanziata dalla Corona di Svezia. Si tratta di un progetto molto importante perché per la prima volta verrà rivelata una storia inedita che riguarda la vita di re Gustavo di Svezia, ambientata nel 1780. Tra poco inizierò anche la preparazione di un altro grande debutto, quello della mia versione de «L’histoire de Manon» per il Teatro dell’Opera di Londra per l’anteprima a Praga nel 2025. Per finire sto seguendo l’iter festivaliero di un documentario che ho scritto, prodotto e diretto dal titolo «Tutte le cose che restano. Studio E.L a Cinecittà». È un omaggio sia a Ettore Scola che a Luciano Ricceri e allo STUDIO E.L. da loro fondato nel 1983. In esso sono conservati 30mila pubblicazioni, oggetti, tutti i disegni di Ricceri. Quello spazio è custode di un modo di fare cinema e grazie al mio interessamento e caparbietà ora diventerà un museo all’interno di Cinecittà.

Il set del film «Concorrenza sleale»
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