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Riccardo Deni
Leggi i suoi articoliLuca Piola è un fotografo che riesce a rinnovare la propria ricerca, evitando ogni possibile classificazione. La genesi dell’ultimo lavoro, attualmente in mostra a Volumnia (Pc, fino al 15 novembre), risale ad un ritrovamento fortuito in riva al mare, un pallone da calcio consumato dal tempo e restituito alla terra da una mareggiata.
La forma archetipica dell’icosaedro tronco, costituito da 20 esagoni e 12 pentagoni (da cui il titolo del progetto), inizia ad interessare la ricerca di Luca Piola che approfondisce corrispondenze e rimandi, da Archimede a Luca Pacioli, da Piero Della Francesca a Cyrano de Bergerac, passando per la molecola di carbonio buckminsterfullerene.
Piola, dopo il primo ritrovamento, continua la ricerca fino a collezionare 12 palloni: oggetti di cui l’artista si prende cura, sottraendoli all’indifferenza dello sguardo e, come sottolinea il curatore Andrea Tinterri, trasformandoli in «territori bisognosi di protezione, come qualsiasi landa o qualsiasi volto troppo esposto alle intemperie degli eventi. Le superfici ritratte da Piola sono tele informali appoggiate a tracciati la cui perfezione sembra compromessa per sempre, ed è questa dicotomia il filtro interpretativo a cui abbandonarsi. Una forma archetipica che non neutralizza l’instabilità e la caducità del tempo ma, anzi, ne enfatizza la portata».
Le immagini restituiscono le sfere in cuoio posate sulla sabbia, come fossero particelle primordiali abbandonate nel nero cosmico e mosse da un moto perpetuo che solo la fotografia può illudersi di bloccare.
Il numero 12 fa riferimento alla totalità umana, è il numero dell’armonia che connette l’universo all’uomo, ma nel progetto di Luca Piola emerge una contraddittorietà di fondo che destabilizza ogni forma di sicurezza. Mauro Zanchi, nel testo critico del libro dedicato al progetto, ne evidenzia la portata metaforica: «Il gesto di Piola di collezionare e archiviare dodici palloni è un atto di sottrazione all’indifferenza, una cura meticolosa che restituisce dignità a questi “oggetti-reperti”. Questa scelta evoca una solitudine esistenziale, un’idea di forma archetipica proiettata nel vuoto, metafora di un’instabilità perenne che pervade la condizione umana. L’illusione di controllo sulla propria rotta esistenziale si frantuma di fronte a queste entità derelitte, la cui traiettoria è ignota».
La mostra è accompagnata dal libro omonimo, edito da Dario Cimorelli Editore, dedicato al nuovo progetto, che racchiude, oltre alle immagini di Luca Piola, due testi critici, uno del curatore della mostra Andrea Tinterri e l’altro del curatore e critico Mauro Zanchi.
Particolare del progetto «32» di Luca Piola