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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliIn occasione di ArteFiera, la galleria Fondantico di Tiziana Sassoli presenta dal 26 gennaio la mostra dell’artista cinese Zhang Dali (1963). Dopo la laurea all’Accademia Centrale di Belle Arti e Design di Pechino, Zhang Dali ha vissuto tra il 1989 e il 1995 a Bologna, città alla quale è rimasto molto legato e dove ha conosciuto i graffiti, da lui poi introdotti in Cina, avviando un acceso dibattito pubblico sul rapporto tra modernizzazione urbana e arte
Per questa antologica l’artista ha selezionato una trentina di sculture e dipinti. Le sue opere nascono dal confronto con i problemi della società cinese: urbanizzazione e vivibilità delle metropoli, rapporto tra individuo e collettività, migrazione dalla campagna alla città, eguaglianza dei diritti e diseguaglianza economica, pervasività dei nuovi media e manipolazione dell’immagine fotografica.
I suoi mezzi espressivi sono molteplici: dipinti, fotografia, scultura come anche installazioni e performance. In questa selezione, spiccano un ritratto della serie «AK-47» (dal nome del fucile russo Kalashnikov), iniziata nel 2000 usando acrilico su tela di vinile (materiale tanto diffuso in Cina nella cartellonistica pubblicitaria da divenire in quegli anni parte integrante del paesaggio urbano delle metropoli cinesi). I ritratti partono dalle fototessere degli archivi cinesi per comporsi figurativamente nell’uso esasperato e ripetitivo di sfumature e cromatismi della sigla AK-47.
Le sculture della serie «One Hundred Chinese» (2000-02) sono invece un’indagine sull’individualità repressa e inespressa del cittadino cinese, in cui la resina lucida fatta colare sulla testa di persone reali e vive realizza un involucro protettivo e allo stesso tempo oscurante dell’anima del soggetto, immagine esemplare della situazione psicologica comune a tutta la popolazione.

Zhang-Dali «Chinese N.1»
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