Vetro soffiato a bocca per il Duomo di Modena
L’antichissimo procedimento è stato impiegato per il duecentesco rosone della Cattedrale emiliana

Si è concluso il restauro del rosone del Duomo di Modena, opera di Maestri Campionesi del XIII secolo, ossia circa un secolo dopo l’erezione della Cattedrale «firmata» dall’architetto Lanfranco e dallo scultore Wiligelmo.
L’intervento si era reso necessario per ripristinare i vetri trasparenti e colorati infranti dalla forte grandinata del giugno 2019 che aveva provocato la frattura di nove tessere vitree, di cui otto trasparenti e una, il petalo centrale superiore, con raffigurato Dio Padre benedicente.
I lavori, costati 10mila euro, sono stati finanziati dalla Fondazione Rangoni Machiavelli, ente benefico della storica famiglia modenese presieduto da Claudio Rangoni Machiavelli.
Il restauro è stato eseguito dall’impresa Progetto Arte Poli con la direzione dell’architetto Elena Silvestri che spiega: «Nonostante il rosone fosse protetto da due reti di nylon e rete metallica, la grandinata portò purtroppo alla frattura di numerose tessere vitree. Tra le attività tecniche eseguite segnalo l’allargamento della legatura a piombo per l’alloggiamento dei vetri poi sostituiti.
Essi sono di vetro soffiato a bocca di altissima qualità, ottenuto con l’uso di sabbia quarzifera e calce, colorato poi tramite metalli nobili. Si tratta di vetro prodotto artigianalmente a mano con l’antichissimo procedimento del soffio a bocca, del medesimo colore e spessore di quelli esistenti, ossia circa tre millimetri.
Abbiamo ovviamente saldato le parti con lega di piombo e stagno cui è seguito il trattamento di stuccatura tra vetro e legatura a piombo, utilizzando uno speciale mastice a base di scagliola, minio, nerofumo e olio di lino cotto, impermeabilizzante e irrigidente».
Il rosone era stato restaurato negli anni ’80 e nel 2017.