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Le tre mostre saranno allestite nella Scuola Grande della Misericordia a Venezia

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Le tre mostre saranno allestite nella Scuola Grande della Misericordia a Venezia

Venezia, a lezione da Magister Giotto per «bonificare» lo sguardo

Tra 2017 e 2019 tre mostre monografiche nella Scuola Grande della Misericordia: non opere, ma un percorso visivo e auditivo con grandi installazioni multimediali. Un «format» da esportare

Veronica Rodenigo

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Venezia. Inaugura il 13 luglio negli spazi della Scuola Grande della Misericordia «Magister Giotto», il primo progetto espositivo di Cose Belle d’Italia, la società fondata nel 2013 da Stefano Vegni e che riunisce alcune eccellenze del panorama italiano (moda, design, nautica, arte e cultura, alimentare e nautica, editoria: tra queste Fmr e Utet) con lo scopo di favorirne la crescita e il rilancio.
Con il format triennale «Magister» prodotto dalla divisione Media Entertainment e un comitato scientifico costituito ad hoc per ogni singola proposta, la piattaforma si prefigge di divulgare al grande pubblico l’opera di alcuni emblematici nomi della storia dell’arte italiana: Giotto (2017), Canova (2018) e Raffaello (2019) e per poi esportarli all’estero.
Denominatore comune delle tre mostre: Venezia come punto di partenza e l’intersezione di più ambiti (arte, letteratura, musica, scienza) non attraverso singole opere bensì il solo utilizzo dei diversi linguaggi di comunicazione, nuove tecnologie e multimedialità.
Nel primo focus della trilogia Giotto è protagonista fino al 5 novembre con un progetto che include una pluralità di voci: Luca Mazzieri per la direzione artistica, la curatela di Alessandro Tomei e Giuliano Pisani affiancati da un comitato scientifico composto da Cesare Barbieri, Stefania Paone con la consulenza di Serena Romano Gosetti di Sturmeck.
Il percorso negli spazi della Scuola Grande della Misericordia è organizzato in 7 sezioni in tutto e si compone di installazioni scenotecniche con grandi proiezioni ad alta definizione e immagini fotografiche. Il visitatore incede dotato di cuffie, accompagnato da una voce narrante e da un sottofondo musicale appositamente realizzato incontrando dapprima un’installazione che estrapola, ricreandola materialmente nell’ampia aula al piano terra della Scuola, la Croce che Giotto rappresenta nel «Presepe di Greccio» nella Basilica Superiore di Assisi, per poi proseguire al livello superiore. Qui le 7 sezioni comprendono il ciclo francescano assisiate, una panoramica sui luoghi che vedono la presenza del Maestro in Italia, una sala interamente dedicata al tema delle crocefissioni (con riproduzioni in scala 1:1), un focus su Firenze, la Cappella degli Scrovegni a Padova e il suo messaggio teologico e, in chiusura, un approfondimento dedicato alla Missione Giotto del 1986. La missione, compiuta dall’Agenzia Spaziale Europea, per la prima volta nella storia intercettò la Cometa di Halley, rappresentata da Giotto proprio agli Scrovegni, nella scena dell’Adorazione dei Magi.

Luca Mazzieri regista e sceneggiatore nonché direttore artistico di questa prima proposta espositiva, ci illustra in anteprima il progetto.
Come nasce «Magister Giotto»?
Ci sembrava che Giotto (di cui nel 2017 ricorrono i 750 anni dalla nascita) fosse un artista molto raccontato ma non ancora abbastanza conosciuto. Io interpreto questo racconto come un qualcosa che partendo dall’alveo, ossia dall’Italia, è destinato a propagarsi come una rilettura indigena verso il panorama straniero ed estero, un racconto in cui l’assenza delle opere è in realtà un’indagine in termini di umanità e di fattura tecnica.
Il nostro format si propaga da Venezia verso il mondo.
Il comitato scientifico riunisce nomi di eccellenza (che già in passato si sono occupati di mostre tradizionali come Alessandro Tomei e Serena Romano Gosetti di Sturmeck) anche con il fine di riportare Giotto nella contemporaneità. Giuliano Pisani, ad esempio, filologo classico, ha riletto l’indagine teologica che sottende il ciclo della Cappella degli Scrovegni lasciando emergere che il progetto iconografico aveva una «sceneggiatura» (intesa come percorso teologico e spirituale del racconto) scritta da Alberto da Padova, teologo agostiniano che finisce la sua vita di cattedratico alla Sorbona di Parigi. Con il coinvolgimento di Cesare Barbieri invece, professore emerito di Astronomia dell’Università di Padova, Giotto viene citato anche per il suo valore in termini «propedeutici», legato al cielo, alle stelle, all’astronomia. La Missione Giotto del 1986, nata con l’Agenzia Spaziale Europea, è la prima e unica missione che riesce a lanciare una sonda che arriverà a 596 chilometri dal nucleo della cometa, rappresentata nell’Adorazione dei Magi nella Cappella degli Scrovegni.
Si tratta quindi di un percorso che parte nel tardo Medioevo con la rivoluzione della pittura giottesca sino ad intersecare elementi di grande contemporaneità.

Che cosa ci attende a Venezia?
La Scuola Grande della Misericordia è un luogo ritrovato (mi riferisco al recente restauro). Avremo la voce narrante di Luca Zingaretti e la musica di Paolo Fresu che accompagneranno il visitatore dotato di cuffie. Al piano terra incontreremo la citazione contemporanea della Croce del Presepe di Greccio che Giotto disegna nel ciclo della Basilica Superiore di Assisisi. L’installazione della Croce sarà affiancata da sei filmati recuperati dalla Cineteca Nazionale dell’Istituto Luce del 1937 e altri ancora di Luciano Emmer. Il visitatore, reduce dalla passeggiata veneziana, entrerà in un luogo di «bonifica» spirituale. Poi potrà salire al piano superiore dove l’allestimento comprenderà nuove tecnologie ma non interattive-multimediali. Si tratta di un percorso visivo e performativo dove il racconto si sposa con musica e voce, drammaturgia musicale e drammaturgia verbale.
Altro aspetto importante è quello della visibilità che non altera, non disarma lo spettatore, non lo mette in quella situazione di bombardamento visivo o senza contenuto che noi vorremmo contrastare. Vorremmo invece che il visitatore s’immergesse in una dimensione anche spirituale, il tutto in 50 minuti.

Di quale tecnologia fa uso questa proposta espositiva?
Ricostruzioni scenotecniche in sala 1:1 ad alta definizione, ad esempio, nella sezione dedicata alle crocifissioni: quelle di Rimini, di Firenze, sono stampate su materiali di qualità molto elevata. Vi saranno poi proiezioni con strumenti di ultima generazione ma sempre con un concetto «filmico» alla base: lo spettatore deve partecipare all’analisi semantica e concettuale del racconto. La tecnologia sarà al servizio del racconto e non viceversa. Non sarà un’immersività tecnologica tout court come succede oggi bensì qualcosa di molto diverso, ponendo l’artista al centro.
Nello specifico esempio della sala dedicata alla Missione Giotto, il racconto è un intreccio tra micro e macro, con un blow up che s’interseca con il dettaglio «micro» dei particolari. Verrà appunto raccontata la Cometa di Halley dipinta nell’Adorazione dei Magi e la ciclicità del passaggio della cometa nei nostri cieli che avviene ogni 75 anni.

A suo avviso che cosa deve lasciare questa esperienza al visitatore?
Mi piacerebbe riuscire a «ribonificare» i nostri sguardi con un’elementarità a volte anche spiazzante nella sua semplicità, offrire un punto di vista nuovo. Lavorando da circa tre anni su questo progetto mi rendo conto di quanto ancora il segno, ancora il colore, ancora l’utilizzo delle prospettive possa lasciare nello spettatore un approfondimento visivo e concettuale attraverso una nuova proposizione dello sguardo. Non possiamo dire che stiamo facendo solo didattica, dobbiamo cominciare anche a «rieducarci» nella lettura di quanto abbiamo sino ad oggi preservato.

Sembra comunque un progetto, come accennava anche lei in apertura, pensato per esportare tutto questo al di fuori dei confini nazionali.
Sì. È un tentativo forte di concepire un progetto approfondito che possa poi però esser misurato in termini di adesione da parte dei Paesi emergenti. Penso ai Paesi orientali come Corea, Vietnam, Giappone, la stessa Cina. È un progetto pensato anche per un giusto «riposizionamento» dell’artista, per non rileggerlo solo attraverso l’aneddotica del cerchio perfetto. A noi farebbe piacere anche stimolare un dibattito sull’identità di questi Maestri, restituendoli nella loro completezza.

Gioacchino e Anna, Padova, Cappella degli Scrovegni

L'Adorazione dei Magi, Padova, Cappella degli Scrovegni

Enrico Scrovegni, Padova, Cappella degli Scrovegni,

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Veronica Rodenigo, 28 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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