Il celebre naturalista e filosofo bolognese Ulisse Aldrovandi (1522-1605), di cui si sta celebrando il quinto centenario dalla nascita, è al centro di un rinnovato dibattito culturale che unisce arte e scienze. Aldrovandi, infatti, applica le azioni del descrivere, inventariare, ordinare, catalogare, legate all’atto della scrittura, a quelle dell’illustrare, dando una funzione didascalica all’immagine e avvicinando la sua figura ad altri grandi naturalisti classici o della sua epoca come Pierre Belon, Guillaume Rondelet, Ippolito Salviani, Conrad Gessner.
«[Per Aldrovandi] il discorso non basta, come ha precisato lo studioso Giuseppe Olmi in «“Figurare e descrivere”. Note sull’illustrazione naturalistica cinquecentesca», «Acta medicae historiae patavina», 1980-81, p. 101. «Per caratterizzare un animale o una pianta non è sufficiente parlarne: occorre anche mostrarli, far sì che all’individuazione della mente si accompagni quella dell’occhio». Aldrovandi dunque è figura centrale nel connubio tra i saperi, focale a Bologna quale parte centrale del celebre Istituto delle Scienze cui donò tramite il Senato il suo museo, libri stampati e manoscritti di studio, anche grazie alla discendenza da Teseo, segretario del Senato bolognese, e Veronica Marescalchi, imparentata con papa Gregorio XIII.
Dal 3 febbraio al 28 maggio si percepisce tutto ciò attraverso numerose «prove» artistiche e scientifiche proposte dal Centro Arti e Scienze Marino Golinelli nella rassegna «Oltre lo spazio, oltre il tempo. Il sogno di Ulisse Aldrovandi», a cura di Fondazione Golinelli e Sistema Museale di Ateneo-Alma Mater Studiorum. Le opere scelte da Andrea Zanotti, Roberto Balzani, Antonio Danieli e Luca Ciancabilla fanno il punto su questo connubio tra diverse discipline, mettendone in luce anche le discontinuità, attraverso opere antiche (Bartolomeo Passarotti) e soprattutto del ’900 di Giacomo Balla, Mattia Moreni e Nicola Samorì messe a confronto con exhibit immersivi e interattivi nonché oggetti dell’Agenzia Spaziale Europea.
La mostra parte con lavori di Samorì (Forlì, 1977), tra cui «Campo dei Miracoli» (2022) e prosegue analizzando la rivoluzione scientifica cinquecentesca che vede al centro Aldrovandi di cui sono convocati lungo il percorso fossili, minerali, frammenti di meteoriti, uova di dinosauro delle sue collezioni oltre agli importantissimi volumi, Erbario (dal 1551) e Monstrorum historia, pubblicato solo nel 1642, alternati nelle sale a dipinti e a installazioni che immaginano anche una Wunderkammer del futuro, in direzione Marte.
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