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Una sfera di cristallo per il 2017

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Georgina Adam

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Azzardare previsioni per il mercato del 2017 è uno dei compiti più difficili che abbia mai avuto. Il voto britannico sulla Brexit, l’elezione di Donald Trump a presidente Usa e l’approssimarsi delle elezioni in Europa stanno sconvolgendo il sistema e creano enorme incertezza sul futuro. Quale impatto potrà avere tutto questo sul mercato dell’arte, e quali altri elementi influenzeranno le scelte?

- Un’ondata di cambiamenti in Occidente. Pare certo che il nuovo presidente Usa Donald Trump ridurrà le imposte ai ricchi. L’economia statunitense potrebbe trarre beneficio da alcuni cambiamenti, come l’aumento di spesa per le infrastrutture. A fine 2016 i mercati azionari di tutto il mondo si sono dimostrati brillanti e anche il prezzo del petrolio è parso in ripresa. I risultati delle aste di novembre a New York sono stati incoraggianti, anche se con totali inferiori rispetto a quelle del 2015 e ancor più rispetto al 2014. La polarizzazione della ricchezza negli Usa è destinata ad accentuarsi e, a mio avviso, questo potrebbe avere un impatto positivo sulle vendite. Anche con un aumento dei tassi di interesse, l’arte rimane un investimento tangibile e attraente. Tuttavia la possibile abolizione degli incentivi fiscali sulle donazioni di arte ad enti benefici potrebbe scoraggiare i collezionisti. In Europa, una vittoria della populista francese di estrema destra Marine Le Pen, improbabile ma non impossibile, rappresenterebbe il problema politico maggiore, con il mercato di quel Paese già asfittico (come quello tedesco, colpito da rigide leggi sull’esportazione); entrambi potrebbero contrarsi ulteriormente. Più preoccupante è l’«effetto Brexit» nel Regno Unito. Una sterlina più debole si è dimostrata finora un bene per le vendite, ma un’economia in contrazione e la perdita di posti di lavoro nella City a lungo termine potrebbero essere degli handicap. Prevedo pochi cambiamenti a breve, ma un indebolimento dell’economia britannica a lungo termine.

- Le case d’asta crescono separatamente. Brett Gorvy ha lasciato Christie’s per fondare una società con Dominique Lévy; Guillaume Cerutti prenderà il posto di Patricia Barbizet come chief executive officer. Le motivazioni dell’uscita di Gorvy secondo cui «il mercato era impazzito, solo accordi, accordi, accordi», sottolineano l’intensa competizione tra le due case. Christie’s sembra continuare a inseguire le consegne a qualsiasi costo; Sotheby’s ha ampliato la gamma di servizi offerti, ha acquistato la società di dati Mei Moses Art Indices, quella di ricerca scientifica Orion Analytical e ha istituito servizi di consulenza per artisti, proprietà e fondazioni assumendo Christy MacLear, ex ceo della Rauschenberg Foundation. L’anno scorso le quotazioni azionarie e i profitti di Sotheby’s si sono contratti e molti dirigenti di lunga data hanno lasciato la casa d’aste. Ma, secondo «Le Monde», a settembre la società assicuratrice cinese Taikang Life Insurance ha acquisito il 14,9% di quote della società. Il ricchissimo presidente di Taikang, Chen Dongsheng, ha contribuito a finanziare China Guardian, la quarta maggiore casa d’aste del mondo. Da allora, le quotazioni azionarie di Sotheby’s sono rimbalzate ad almeno il doppio del minimo che avevano toccato. L’investimento di Taikang in Sotheby’s potrebbe essere una mossa «provare a vedere»? L’acquisto di Sotheby’s garantirebbe un immediato aumento di visibilità globale, anche se in gran parte ciò dipenderà dalle politiche di Trump sugli interscambi con la Cina, oltre che dai progetti cinesi sugli investimenti all’estero. Secondo me, Christie’s continuerà a lottare per assicurarsi le migliori consegne tagliando i costi dietro le quinte.

- Le fiere d’arte con l’acqua alla gola. L’anno scorso un eccesso di fiere e un mercato in contrazione hanno portato a chiusure e a posticipi (Art17 e Art International Istanbul, rispettivamente), mentre altre fiere hanno tagliato gli espositori (Art Cologne), o ridotto la durata (Frieze NY). Le gallerie medie e più piccole, che costituiscono l’ossatura delle fiere, stanno attraversando un periodo difficile. Molte di loro saranno decisamente più selettive nelle partecipazioni. Alcune fiere scompariranno, altre si contrarranno. Wme-Img, che nel 2016 ha acquisito il 20% delle quote di Frieze, potrebbe completarne l’acquisto. Lancerà allora altre fiere sotto il medesimo marchio, in Cina o sulla costa occidentale degli Stati Uniti? Dipenderà anche dal difficilmente prevedibile impatto delle politiche economiche di Trump.

- Problemi nel Golfo. Il progetto Guggenheim Abu Dhabi sembra essere in stallo: di recente non è stata annunciata nessuna acquisizione. L’apertura del Louvre Abu Dhabi è slittata ancora, sebbene gli acquisti continuino; mentre il Qatar, che ha accumulato un’eccezionale selezione di opere d’arte, pare stia tagliando le spese. E il calo delle entrate dal petrolio si è tradotto in ampi tagli di budget. I disordini nella regione scoraggiano il turismo. Credo che qui la stagnazione continuerà.

- È guerra per i dati. Sotheby’s ha acquisito l’indice Mei Moses mentre artnet ha comprato Tutela Capital. Ma i problemi aumentano. Magnus, l’applicazione sviluppata dall’imprenditore tedesco Magnus Resch e considerata la nuova panacea del mondo dell’arte, è stata ritirata dall’app store di Apple: i suoi dati, secondo alcune denunce, sarebbero stati ricavati da Artsy e ArtFacts. E Heritage Auctions ha fatto causa a Collectrium, un database di proprietà di Christie’s, accusandolo di aver utilizzato 3 milioni di schede senza permesso. Quella dei dati sarà la questione chiave. Con software in grado di «scandagliare» internet in modo facile ed economico, prevedo uno sconvolgimento radicale per i siti di dati e, se tutto va bene, una maggiore, vera trasparenza per il mercato.

Georgina Adam, 11 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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