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Una bella scoperta: gli antiquari giovani

L’edizione 2016 della Biennale di Palazzo Venezia, probabilmente l’ultima a tenersi nella storica sede, ha visto emergere le nuove generazioni capaci di navigare in «acque tempestose»

Francesca Romana Miorelli

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La Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma, aperta a Palazzo Venezia dal 29 settembre al 3 ottobre, si presentava come una Wunderkammer con oggetti sceltissimi. Trentatré espositori italiani d’eccellenza hanno festeggiato vent’anni di attività della mostra mercato della capitale. Un evento che ha beneficiato delle energie della nuova generazione, come Stefano Grandesso di Carlo Virgilio & C. (cfr. «Vernissage» n. 179, mar ’16, pp. 4-5) e Gianluca Berardi. Da Fabrizio Moretti spiccava un superbo «Crocefisso» di Giovanni da Rimini razziato dai nazisti. Francesca Antonacci e Damiano Lapiccirella avevano acquistato dai Corsini il bozzetto vincolato «Gloria di Sant’Andrea Corsini» di Luca Giordano per la cupola della Cappella di famiglia in Santa Maria del Carmine a Firenze. Marco Fabio Apolloni esibiva il monumentale «Ciclo delle quattro stagioni, Santa Croce» di Francesco Albani, di pari qualità di suoi quadri al Louvre e alla Borghese; Valerio Turchi presentava una «Testa di Antonino Pio» notificata; Enrico Frascione quattordici disegni dei lampadari di Valadier; Cesare Lampronti una testa di un uomo anziano dipinta da Annibale Carracci  su  un foglio del suo libro dei conti. Carlo Orsi mostrava un ritratto virile, forse il Sodoma, attribuito a Marco Bigio, che fu nella collezione di Adolf Hitler; Maurizio Nobile ospitava un olio con un’intensa scena della «Consegna delle chiavi» di Francesco Stringa; Alessandra Di Castro mostrava due rarefatte nature morte di Cristoforo Munari; Virgilio e Grandesso abbinavano a un grande olio di Francesco Podesti una collezione di piccole sculture degli anni Cinquanta; Monica Cardarelli del Laocoonte mostrava un disegno di Klimt, ma anche opere dell’enigmatico Alberto Martini; Berardi allineava una parete di bronzi novecenteschi, tra cui un «Saltatore per il Foro Mussolini» di Eugenio Baroni e la «Conca dei Bufali» di Duilio Cambellotti (un esemplare è anche alla Gam di Roma); infine Gian Enzo Sperone si circondava di opere scelte del Secondo Futurismo e dell’Astrattismo milanese e comasco. 

Nell’ultimo giorno di apertura della mostra si è tenuta l’assemblea dell’Aai, con riflessioni sostanziali per il futuro della Biennale, in seguito alle difficili relazioni avute nell’organizzazione con le istituzioni ministeriali. In questa edizione la Soprintendenza si è mostrata molto poco collaborativa con l’Associazione della Biennale, che non ha potuto organizzare la manifestazione nei tempi necessari, vedendo conseguentemente ridursi il numero dei partecipanti. Altri problemi hanno riguardato l’imposizione autoritaria dei membri del vetting e un percorso espositivo molto sacrificato. È per questa ragione che per l’edizione del 2018 si sta già individuando una nuova sede in un palazzo prestigioso del centro storico. Il presidente dell’Aai, Carlo Orsi, ha commentato: «In un mondo dell’antiquariato non più romanocentrico né fiorentinocentrico, dove le fiere internazionali faticano a trovare una propria identità, la Biennale romana ne aveva una propria nell’esposizione nella sede istituzionale di Palazzo Venezia». Apolloni, vicepresidente per l’Associazione Biennale di Roma, ha chiarito: «Una fiera bellissima e meno conformista, proprio per tutte le difficoltà incontrate. In queste acque tempestose, sono tuttavia emerse novità importanti: abbiamo scoperto un gruppo di antiquari giovani che hanno sviluppato una forte motivazione nel loro mestiere e nell’appartenenza alla città di Roma e un disincantato spirito di corpo». Infine, Grandesso e Berardi sono certi delle enormi potenzialità della Biennale da sviluppare. Alla fine della serata si sono tutti salutati, dandosi appuntamento a Frieze di Londra e a Tefaf di New York.
 

Francesca Romana Miorelli, 03 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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