Mario Peliti

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Mario Peliti

Un bollino rilancia i multipli

Una proposta di legge per le edizioni d'arte del gallerista Mario Peliti

Cristina Valota

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Mario Peliti (Roma, 1958), architetto di formazione, è editore, gallerista e consulente di comunicazione. Nel 1986 ha fondato la casa editrice Peliti Associati, dal 1995 al 2002 ha diretto, con Stefano Aluffi Pentini, la Galleria Minima Peliti Associati dedicata alla fotografia d’autore a Palazzo Borghese a Roma, dove nel 2013, insieme a Paola Stacchini Cavazza, ha aperto la Galleria del Cembalo, sempre dedicata alla fotografia e al suo rapporto con altre forme d’arte. Ha inoltre ideato l’European Publishers Award for Photography (1994-2015) e il Reportage - Atri Festival. Peliti ha ora concepito una proposta di legge per le edizioni d’arte che, in un momento in cui «c’è una classe media che si sta impoverendo e per la quale acquistare un pezzo che costa 1000-1500 euro può essere complicato, mentre per colui che i soldi li ha non è un problema spendere 50-100mila euro a Londra o su altri mercati, il desiderio è di riavvicinare gli italiani agli acquisti d’arte e di favorirli senza creare danno».

Lei che cosa propone concretamente?
La mia proposta punta ad abbassare al 4-6% l’Iva sui multipli. Per multiplo intendo un’opera d’arte di qualsiasi genere (scultura, video, fotografia, incisione) realizzata in un minimo di 3 esemplari + 2 prove d’artista, firmate dall’autore. L’Iva verrebbe assolta dall’«editore», ossia da chi produce l’edizione, sia egli il gallerista o l’artista stesso. Si tratterebbe di estendere un regolamento già esistente per i libri. Perché se un libro è un’edizione, lo è, ad esempio, anche una cartella di incisioni o un’opera grafica in tiratura. Il costo della produzione della tiratura sarebbe a carico di chi pagherebbe l’Iva, calcolata sul 70% del totale imponibile, e gli editori, galleristi o artisti, sarebbero costretti a tenere il registro delle tirature e del venduto, esattamente come avviene per i libri.

Quindi non ci sarebbe più la distinzione tra l’Iva applicata in caso di vendita tramite artista o tramite gallerista?
La prima concorrenza del mercato dell’arte è tra l’artista e il gallerista, a seconda di chi sia il venditore. L’artista ha l’Iva al 10% e il gallerista al 22%: perché, in un momento in cui tutti gli artisti sono raggiungibili, ad esempio, con una semplice email, una persona dovrebbe comprare in galleria e non direttamente dall’artista? È già lo Stato che favorisce l’acquisto diretto dall’artista. In caso di vendita da parte di editori o galleristi produttori della tiratura, all’artista verrebbe riconosciuto un diritto d’autore compreso tra il 30 e il 45% del prezzo di vendita, a seconda degli accordi.

La sua proposta presuppone però che un’opera abbia un prezzo fisso da tutti riconosciuto, mentre attualmente spesso non è così...
No, nel caso di vendita di opere con prezzo incrementale, l’Iva andrebbe calcolata sulla media dei prezzi minimi e massimi. Se si acquista un pezzo di alta moda (una cravatta di Hermes o un foulard di Gucci), questo articolo ha un prezzo fisso in tutta Europa, perché le case di moda hanno margini talmente alti che assorbono le differenze di Iva. Ma questo non è possibile farlo per l’arte, perché in Europa ci sono Paesi con logiche e con regimi fiscali diversi.

È sicuro che questo tipo di proposta incontrerebbe il favore di tutte le categorie coinvolte, galleristi e artisti compresi, oltre ai collezionisti?
Tutti i soggetti a cui ho parlato di questa mia proposta, compreso il Ministero, erano interessati. Il Ministero sa perfettamente che il mercato dell’arte è opaco. Questa proposta inoltre porterebbe a calmierare certi prezzi: si deve dichiarare il costo del primo esemplare, quello del secondo esemplare... e poi si fa una media sui valori. Si tornerebbe così anche a una dimensione divulgativa della tiratura. Infine, per quanto «banale», questa proposta sarebbe a tutela di chi compra in virtù del bollino.

Che cosa si intende per bollino?
Al momento dell’avvio della «pubblicazione», l’editore, il gallerista o l’artista dovrebbero dare comunicazione alla Siae della tiratura, inviando per e-mail una scheda dell’opera e relativo prezzo. A sua volta la Siae avrebbe il compito di rilasciare un numero di bollini identificativi dell’opera e della tiratura corrispondente alla tiratura più le due artist proof, analogamente per quanto avviene per i libri. Il bollino rappresenterebbe inoltre il certificato di autenticità dell’opera, riducendo drasticamente le frodi e fissando un prezzo d’acquisto per lo Stato. Sarebbe anche un modo per rendere competitivi gli autori italiani (perché è ovvio che è una regola non applicabile sugli autori stranieri), una politica culturale a favore degli artisti italiani. Non sarebbe un’imposizione, perché uno può decidere di restare al regime del 22%, ma mi pare un’opzione vantaggiosa che porterebbe a un’estensione di un regolamento, quello dei libri, che già esiste e che quindi potrebbe almeno essere testata.


Mario Peliti

Cristina Valota, 28 febbraio 2021 | © Riproduzione riservata

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