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Troppi silenzi e troppi dubbi sui reperti restituiti

Federico Castelli Gattinara

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Dopo 15 anni nel porto franco di Ginevra, rientrano in Italia 45 casse di oggetti etruschi e romani sequestrati e riconducibili al mercante Robin Symes

Lo scorso 27 gennaio al Complesso del San Michele ci dovevano essere tutti, il ministro Dario Franceschini, il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, il soprintendente di Pompei Massimo Osanna, l’ambasciatore svizzero Giancarlo Kessler e il comandante dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (Ctpc) Mariano Mossa, a presentare le 45 casse di reperti etruschi e romani recuperati a Ginevra in depositi riferibili a Robin Symes. A poche ore dall’inizio però, la conferenza stampa è stata annullata, rimandata a data da destinarsi. Poi più nulla. Che cos’è successo?

In un comunicato la Procura di Ginevra riferisce del sequestro, a marzo 2014 nel porto franco di quella città, di un vero e proprio tesoro archeologico, sospettato di provenire da scavi clandestini in Italia, come poi accertato dai nostri Carabinieri. Si parla di due rari sarcofagi etruschi in terracotta di eccezionale qualità, con coperchi a forma di uomo e di donna sdraiata, di bassorilievi, teste, busti, vasi decorati, frammenti di affreschi e molti oggetti di culto o votivi. Subito il Tribunale di Roma ne ordina la confisca e lo scorso gennaio i reperti rientrano in patria, dopo un silenzio di 15 anni in quei depositi, chiusi in scatole marchiate col nome di una società off-shore. «Erano stati portati dal Regno Unito da un mercante d’arte britannico una volta molto in vista, scrive la Procura, il cui nome è menzionato in diversi casi di traffici di beni archeologici».

La notizia diffusa dal «Telegraph» viene immediatamente ripresa dalla nostra edizione online. È sensazionale, tutto è pronto per l’annuncio urbi et orbi del 27 gennaio. Poi il rinvio, nessuna data e un riserbo totale. Come diceva Giulio Andreotti «a pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina»: qualche problema legato ai reperti rientrati evidentemente c’è. Ma quale? Su «Il Giornale dell’Arte» del mese scorso, nelle sua rubrica «Bufale archeologiche» il nostro opinionista è assalito da un dubbio. «Perché uno scaltro e preparato antiquario come Symes avrebbe lasciato tanti anni dei capolavori invenduti? Fra rilievi, teste, busti, vasi e affreschi (bruttini) notiamo due sarcofagi in terracotta descritti come capolavori dell’arte etrusca. A guardarli bene, sostiene Dario Del Bufalo, mi sembrano un po’ curiosi e non giurerei sulla loro autenticità, non vorrei che con questa restituzione, come con altre, abbiamo ricevuto un mezzo pacco…». 

Federico Castelli Gattinara, 07 marzo 2016 | © Riproduzione riservata

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