Oliviero Toscani, «United Colors of Benetton», 1992. ©olivierotoscani

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Oliviero Toscani, «United Colors of Benetton», 1992. ©olivierotoscani

Toscani al Mar: 50 anni di foto politicamente scorrette

Più di cento scatti del figlio del primo fotoreporter del «Corriere della Sera»

Diretto, irriverente, provocatorio, sovversivo: sono tanti gli aggettivi che si possono attribuire a Oliviero Toscani, ma certo non lo si può etichettare come «politically correct». Perché se la fotografia è il linguaggio migliore per raccontare il nostro tempo, di sicuro non lo si può fare timidamente. Conosciuto soprattutto per le sue controverse campagne pubblicitarie, attraverso le sue immagini ha portato all’interno del dibattito pubblico tematiche come il razzismo, la pena di morte, l’Aids, la guerra.

Figlio del primo fotoreporter del «Corriere della Sera», è cresciuto fra pellicole e rullini; a metà degli anni ’60, dopo gli studi di fotografia e grafica a Zurigo, inizia a documentare gli eventi salienti di quel periodo di rottura con il vecchio mondo: i Beatles, i Rolling Stones, Andy Warhol, l’invenzione della minigonna. Da qui prende avvio una carriera fatta di grandissimi successi, a dispetto del titolo della mostra che il Mar gli dedica dal 14 aprile al 30 giugno.

«Più di 50 anni di magnifici fallimenti», curata da Nicolas Ballario e organizzata da Arthemisia, ripercorre le tappe salienti della sua produzione attraverso più di cento scatti in grado di sottolinearne la potenza creativa. Tra le opere in mostra troviamo «Bacio tra prete e suora» del 1999, «Tre Cuori White/Black/Yellow» del 1996, «No-Anorexia» del 2007. Esposti anche diversi lavori realizzati per il mondo della moda, come il celebre primo piano del sedere di Donna Jordan con la scritta «chi mi ama mi segua» per la campagna di Jesus Jeans del 1973, che gli fa conquistare il primo grande scandalo e insieme ad esso la fama internazionale.

Allo stile anticonvenzionale delle sue fotografie si lega un aneddoto curioso: nel 1965 viene chiamato da «Vogue» per realizzare un ritratto a Carmelo Bene, che arriva in studio fradicio a causa di un temporale e si mette di fronte alla fotocamera con la giacca tutta storta e la patta dei pantaloni quasi aperta. È in questo frangente che Toscani comprende quanto la bellezza possa essere alternativa, fuori dagli schemi.

Nel 1982 inizia la collaborazione con Benetton, ridefinendo radicalmente i canoni della comunicazione. Per il marchio veneto lavora fino al 2000 (ricominciando poi nel 2018), quando la collaborazione si interrompe a causa di uno scandalo dovuto all’uso di ritratti di condannati a morte. Per le sue campagne, infatti, ha spesso usato immagini legate alla più stringente attualità, sfruttando la moda con la sua visibilità e i suoi canali di comunicazione come strumento attraverso cui parlare dei problemi del mondo.

Oliviero Toscani, «United Colors of Benetton», 1992. ©olivierotoscani

Monica Poggi, 12 aprile 2019 | © Riproduzione riservata

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