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Stibbert come Jules Verne

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Laura Lombardi

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In mostra nella sua straordinaria villa la Wunderkammer dell’eccentrico collezionista

La tradizione delle Wunderkammern ha radici molto antiche, negli studioli rinascimentali, nei cabinet de curiosités, e prosegue fino a oggi, come si osserva nei lavori di artisti contemporanei che concepiscono la collezione come forma d’arte o la complessa operazione romanzo-museo-catalogo del premio Nobel Orhan Pamuk con Il Museo dell’innocenza (2008).

La mostra, che si tiene nella sale dell’Ala nord del Museo Stibbert, «Una Wunderkammer ottocentesca. Itinerario tra le rarità collezionistiche di Frederick Stibbert» (dal 6 maggio al 16 ottobre), pur collocandosi nel filone delle precedenti esposizioni del museo, concentrate su nuclei specifici delle raccolte di Frederick Stibbert e sulle ragioni delle sue scelte, ha un taglio rivolto a mettere in evidenza il gusto eclettico e multiforme che caratterizza l’insieme della sua collezione: dipinti, sculture, armi, vetri, oggetti, ritrovati nel corso di lavori di riordino degli ambienti del museo, attraverso i quali Stibbert, come ogni vero collezionista, ci tramanda un ritratto di sé. Ma non solo: la quantità di reperti raccolti nel corso dei viaggi compiuti in Europa, visitando le Esposizioni Universali fin da quella di Londra del 1851, ma anche in Oriente, svelano quanto egli volesse fare della villa di Montughi un museo internazionale, dove raccogliere testimonianze del divenire della storia attraverso una delle sue più esplicite manifestazioni, la moda, sia civile che militare, con grande apertura verso ogni forma di arte. Instancabile nel volgersi a stili e mondi diversi, Stibbert fece realizzare anche ad abili artigiani toscani arredi su suo disegno, come i due troni formati da fronti di cofani in pastiglia tre-quattrocenteschi nella Sala della Cavalcata e due monumentali vetrine neogotiche per contenere la raccolta delle oreficerie sacre nella Sala del Condottiero; ed è proprio quest’ultima riapre dopo il restauro, insieme alla sala islamica, il cui allestimento era stato approntato dallo stuccatore Piovano nel 1889. 

Il percorso è suddiviso in sezioni, che ci permettono in modo alquanto suggestivo di mettere a fuoco, come osserva Enrico Colle, soprintendente del museo, «il ritratto di un intelligente collezionista che seppe dare forma alle appassionate descrizioni di ambienti e oggetti  presenti nei romanzi di Jules Verne» senza peraltro, in alcuni casi e al pari dello scrittore, aver visitato quei luoghi se non attraverso le pubblicazioni del tempo. Si parte dunque dai «Naturalia e Mirabilia» (reperti del mondo animale e vegetale mescolati a manufatti raffinati e stravaganti), sul modello delle raccolte enciclopediche sei e settecentesche allestite nei castelli della Germania, per passare ai «Souvenirs di viaggio», con un allestimento molto evocativo, poi alle «Curiosità», con gli arredi e gli oggetti provenienti dagli ambienti abitati da Stibbert, parto della fantasia di artigiani ottocenteschi, quindi al «Japonisme», con alcuni esemplari di quella che è considerata la più grande collezione di armature giapponesi fuori del Giappone. Nella sezione «Evasioni di Oriente» troviamo, tra l’altro, gli acquerelli dipinti durante il viaggio compiuto in Egitto, dopo l’apertura del canale di Suez nel 1869, nel corso del quale Stibbert avrebbe acquistato reperti per il tempietto fatto costruire nel parco della villa, ma anche due modelli del decoro delle sale islamiche dove volle riprodurre su pareti e soffitto una delle sale dell’Alhambra di Granada. Infine «Dal gusto neogreco al Liberty. Viaggio attraverso le esposizioni universali» documenta, attraverso alcuni dei suoi numerosi acquisti, l’evolversi delle sue passioni. 

Laura Lombardi, 03 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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Stibbert come Jules Verne | Laura Lombardi

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