Spadaccino dissidente

Federico Castelli Gattinara |

Non mancano certo studi e ricerche recenti e aggiornati su Mattia Preti, «terzo fra i geni pittorici del Seicento italiano» come lo definì già Roberto Longhi oltre un secolo fa, ma l’affondo di Luca Calenne incentrato sull’«Allegoria dei cinque sensi» della collezione Barberini contribuisce a chiarire, in modo intelligente e approfondito nei riferimenti, un periodo rimasto tutt’oggi oscuro e confuso della sua lunga carriera: quello iniziale a Roma quando, trasferitosi appena diciassettenne nel 1630, andò ad abitare e lavorare col fratello Gregorio, di dieci anni più vecchio di lui.

Le «tenebre oneste» di Mattia Preti appena uscito per Bardi Edizioni, nuovo editore dell’Accademia Nazionale dei Lincei, non è tanto e solo la rilettura di un quadro complesso: una scena di taverna, dipinta da Mattia probabilmente con l’aiuto di Gregorio e conservata al Circolo Ufficiali dell’Esercito
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