Image

«Moto» dal libro «Say Yes» di Joseph Desler Costa, Spbh/Mack, 2023. Cortesia dell’artista e di Spbh/Mack

Image

«Moto» dal libro «Say Yes» di Joseph Desler Costa, Spbh/Mack, 2023. Cortesia dell’artista e di Spbh/Mack

Siamo «esseri economici» o «esseri umani»? Un libro di Joseph Desler Costa esorta a pensarci

«Say Yes» è la prima grande monografia dell’artista americano che ha scelto Milano come sua base

Gregory Eddi Jones

Leggi i suoi articoli

Sono ineluttabili. Le pubblicità, le promesse commerciali e le seduzioni della cultura globalizzata si sono da tempo infiltrate nella nostra quotidianità. Ci sguazziamo dentro talmente tanto che diamo per scontata la pervasività di questa condizione. Dopotutto, in quali momenti della nostra vita non siamo esposti agli echi di un richiamo consumista, in un modo o nell’altro? È questa la realtà, e le relative conseguenze, che vengono messe a fuoco in Say Yes, la prima grande monografia, pubblicata da Spbh/Mack, dell’artista americano Joseph Desler Costa (Pittsburgh, 1981), di sede a Milano.

Il duplice ruolo professionale di Costa, artista e fotografo commerciale, dà vita a opere che indagano l’estetica del consumismo. La patina lucida del «nuovo» e del «brillante», la retorica accattivante della pubblicità, il fascino illusorio del consumo come via di salvezza... Queste sono le strategie e gli argomenti che Costa usa e sovverte, non necessariamente come critica, ma sotto forma di memorie personali che si soffermano sui temi della nostalgia, dell’ego e del desiderio.

Alla base di Say Yes ci sono i ricordi di Costa sulla sua crescita in Pennsylvania, a Pittsburgh, una città operaia nella cosiddetta «cintura della ruggine», la cui realtà in declino contrastava in maniera stridente con le fantasie e l’attrattiva dei media contemporanei con cui l’artista cresceva e si formava. Pubblicità che generano il desiderio di oggetti, spettacoli e film che alimentano l’aspirazione verso stili di vita inaccessibili, tutte suggestioni che subiamo quando siamo giovani e non siamo in grado di distinguere il reale dal sogno.

Costa da sempre riconosce tali influenze nella propria educazione e nella consapevolezza di cui lui stesso, come fotografo still-life, è diventato parte: quella che potremmo definire «l’economia globalizzata della fantasia». Siamo predisposti a cadere in un sogno idilliaco in cui tutto ciò che conosciamo è una vita di desideri. Il lavoro di Costa non solo lo riconosce, ma abbraccia con riluttanza le conseguenze di una vita di bramosia impiantata nel proprio io. Molte delle sue immagini sono depositarie della memoria: oggetti-feticci di un tempo passato, la fanciullezza americana dei primi anni Novanta: birra e sigarette, motociclette, patatine di McDonald’s, fanno tutti la loro comparsa in un’estetica avvolta nella nebbia colorata della nostalgia.

Il libro stesso si avventura oltre i confini del tipico formato del fotolibro e si presenta non solo come un’orchestrazione visiva, ma anche in forma scultorea e musicale. Dal punto di vista fisico, il volume sfoggia pagine lucide e ricche di dettagli che fanno sembrare il libro un oggetto di lusso. I tagli fisici effettuati sulla carta creano collegamenti tra le immagini e sovvertono l’autorità dello scatto singolo; attraverso un foro praticato in una pagina, intravediamo l'immagine successiva, che ci stimola ad andare avanti. Incontriamo anche ritagli di loghi di società come Burger King e Amazon, che lasciano intendere come anche all’interno dello spazio consacrato del libro d’arte non ci sia un vero rifugio dall’influenza del consumismo.

Tra le sue pagine, Say Yes è popolato da brevi righe di testo. Sintetiche e ambigue, assomigliano a frammenti di un diario personale. Frasi come «So come essere felice, ma siamo onesti, ho un punteggio di credito terribile» e «Sogno qualcuno come me, ma più alto» introducono un livello personale che stratifica ulteriormente un'esperienza di lettura già stratificata di suo. All’interno dei confini delle melodie visive del libro, le parole funzionano come testi di canzoni che sembrano sfidare l’orchestrazione che accompagnano.

Anche le immagini di Say Yes parlano per frammenti. Stivali da cowboy, una bottiglia di rum, un albero di mele, il logo di Burger King, apparecchi elettronici vintagee tute da allenamento… La sequenza del libro è disseminata di pezzi «mutilati» di un insieme più grande e insondabile. Più che avanzi della lenta erosione della memoria personale dell’artista, sono reliquie di ricordi e promesse, ognuno dei quali brilla di suggestioni: conforto, piacere, prestigio e fuga. La domanda non è perché desideriamo queste cose, ma come: quanto di ciò che desideriamo deriva dalla nostra volontà e quanto dalle raccomandazioni dell’«economia delle cose»? Quanto del nostro punto di vista personale è veramente personale? Quanto del nostro ego è costruito su ciò che compriamo? E come possiamo separare noi stessi e il nostro vero io dagli intrecci di un mondo troppo complesso? Chi siete voi in tutto questo? Chi sono io?

Say Yes è un titolo che pone queste domande attraverso una congerie di linguaggio, immagine, design e scultura convergenti in un sistema estetico animato dalle voci contrastanti dell’autobiografia e della cultura dell’immagine globalizzata. In un’epoca di iperconnettività e di iperisolamento, Say Yes è un riflesso del mondo in cui siamo costretti ad abitare: uno spazio culturale orientato alla produzione e all’illusione, in cui le linee di demarcazione tra chi siamo e ciò che compriamo sono praticamente scomparse.

L’opera di Costa ci ricorda che, agli occhi di un mondo governato dal consumismo e dal profitto, noi esistiamo più come esseri economici che come esseri umani, e che tale mondo userà tutti gli strumenti a sua disposizione per plasmare le fantasie che acquisteremo. Alcuni di noi si presteranno a questo gioco volentieri; dopotutto, forse, è comprensibile trovare conforto nel fatto che queste effimere fantasie riescano a colmare i vuoti dentro di noi, anche solo per un po’.

Le patine lucide della vita contemporanea garantiscono poca trasparenza e non ci permettono di vedere le alternative che nascondono. Ci chiedono di guardare semplicemente i nostri riflessi luccicanti, e di concordare che sì, ci sta bene così. Ma quando ci viene suggerito di «dire di sì» (Say Yes), quale altra domanda potrebbe esserci posta se non: «Lo vuoi?».


Say Yes,
di Joseph Desler Costa, 118 pp., ill., Spbh/Mack, 2023, 70 €
 

Gregory Eddi Jones, 12 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

Siamo «esseri economici» o «esseri umani»? Un libro di Joseph Desler Costa esorta a pensarci | Gregory Eddi Jones

Siamo «esseri economici» o «esseri umani»? Un libro di Joseph Desler Costa esorta a pensarci | Gregory Eddi Jones