Schiavo Pareja, ti libero e ti dipingo

Al Metropolitan 40 opere tra dipinti, sculture e oggetti d’arte applicata, oltre a libri e documenti, indagano la multietnica società spagnola del Siglo de Oro

Il «Ritratto di Juan de Pareja» di Diego Velázquez
Elena Franzoia |  | New York

All’interno della revisione culturale degli ultimi anni tesa a restituire dignità alle comunità afrodiscendenti, dal 3 aprile al 16 luglio il Metropolitan Museum affronta il tema nell’Europa cattolica seicentesca con la mostra «Juan de Pareja, pittore afroispanico», a cura di Vanessa K. Valdés con David Pullins.

Circa 40 opere non solo del Met (dipinti, sculture e oggetti d’arte applicata), oltre a libri e documenti, indagano la multietnica società spagnola del Siglo de Oro, rendendo anche omaggio al collezionista e intellettuale afroportoricano Arturo Schomburg, personalità di rilievo della Harlem Renaissance newyorkese degli anni ’20, che riscoprì Pareja grazie a frequenti viaggi in Spagna.

Schomburg è protagonista della prima delle quattro sezioni della mostra, mentre la seconda accoglie opere e oggetti che testimoniano la diffusa presenza di schiavi nella società spagnola del tempo e la rappresentazione delle comunità nere e morisco, come appare dai dipinti «La sguattera» di Velázquez e «Tre ragazzi» di Murillo.

La terza sezione si concentra sul viaggio in Italia intrapreso da Velázquez e Pareja tra 1649 e 1651, durante il quale Velázquez donò a Pareja la libertà e ne dipinse il ritratto (nella foto), che funzionò da apripista per le commissioni papali. All’arte di Pareja, che aderì alle vivaci cromie della Scuola di Madrid abbandonando lo stile del maestro, è dedicata l’ultima sezione, con opere di grandi dimensioni come «La vocazione di san Matteo» oggi al Prado, in cui è presente il suo autoritratto.

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