Una veduta della mostra «Fondazione Maeght. Un atelier a cielo aperto», alla Pinacoteca Agnelli. Foto: Andrea Guermani

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Una veduta della mostra «Fondazione Maeght. Un atelier a cielo aperto», alla Pinacoteca Agnelli. Foto: Andrea Guermani

Saint Paul de Vence in Pista al Lingotto

La Collezione Maeght e nuovi spazi nella Pinacoteca Agnelli

Il giardino pensile più grande d’Europa, sul tetto dove un tempo si collaudavano le automobili prodotte dalla Fiat nello stabilimento del Lingotto. Quarantamila piante di 300 specie, dislocate su un anello lungo 1,2 chilometri a 28 metri di altezza. È la Pista 500 su progetto dell’architetto Benedetto Camerana l’ultimo simbolo della nuova Torino, una città green che intreccia alla produzione e all’innovazione industriale il valore culturale e la memoria storica.

E poi Casa 500 ospitata da settembre al quarto piano della Pinacoteca Agnelli: 700 metri quadrati e otto aree tematiche per raccontare un’icona del nostro tempo, la 500. Per inaugurare il tutto sono arrivate nove grandi sculture della Fondazione Maeght, e con esse una settantina di opere dalla stessa collezione, di alcuni tra i più importanti artisti del XX secolo, allestite nel piano mostre della Pinacoteca Agnelli, il tutto fino al 13 febbraio.

Nel museo torinese specializzato nello studio del collezionismo privato c’è dunque una delle più grandi collezioni europee di arte del Novecento, quella dei coniugi Aimé e Marguerite Maeght, tra i più importanti galleristi del secondo dopoguerra. Inaugurata nel 1964 a Saint Paul de Vence, con un concerto di Ella Fitzgerald, è la prima istituzione d’arte privata nata in Europa, su modello dell’americana Solomon Guggenheim Collection.

Tra gli artisti esposti a Torino Jean Arp, uno dei fondatori del Dadaismo che ha poi esplorato il linguaggio surrealista in opere come «Le pépin géant», grande scultura in bronzo allocata nella Pista 500, raffigurante un seme in crescita, metafora della rarefazione della forma in una dimensione astratta. Tra le sculture in mostra anche il gigantesco, ibrido e mostruoso bronzo «Oiseau» (1967) di Joan Miró, l’artista più rappresentato nella Collezione Maeght, che con loro ha realizzato circa un centinaio di sculture.

Suoi anche un paio di bizzarri «Personnage» del 1967 e 1970. Tra i lavori in Pinacoteca, invece, disegni, dipinti, sculture, incisioni e opere grafiche di Braque, Calder, Chagall, Giacometti, Léger, Matisse, Chillida e dello stesso Miró, solo per citarne alcuni. «Il disegno gioca qui un ruolo fondamentale: sono esposti ad esempio i magnifici progetti a carboncino in scala uno a uno di Raoul Ubac per i suoi ieratici monoliti in ardesia nera, i disegni di Christo per la Mastaba, invenzioni poetiche e ironiche di Saul Steinberg, incantevoli delicate matite di Pierre Bonnard e Alberto Giacometti, lo sconfinato talento artistico di Matisse espresso attraverso il carboncino, l’inchiostro, la matita e le sculture lineari di Julio Gonzalez, che sembrano disegnate con il ferro. Una sala è interamente dedicata a Georges Braque, con un olio su tela della serie degli Atelier, sculture in bronzo e in pietra e un tondo in ceramica di Joan Miró», conclude la curatrice Daniela Ferretti.

Una veduta della mostra «Fondazione Maeght. Un atelier a cielo aperto», alla Pinacoteca Agnelli. Foto: Andrea Guermani

Jenny Dogliani, 05 novembre 2021 | © Riproduzione riservata

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Saint Paul de Vence in Pista al Lingotto | Jenny Dogliani

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