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Saccheggi siciliani

Silvia Mazza

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Predecessori e successori politici, burocrati, tecnici, persino la Chiesa, e poi giornalisti delle testate siciliane affetti da «feticismo delle cifre», degni adepti di un «modello Stella che ha attecchito in Sicilia in modo esponenziale e con l’aggiunta di una notevole dose di approssimazione». Sì, proprio lo stesso Stella che una mattina di gennaio le regala, scrive sul suo sito, «un bel risveglio» con la prima recensione del suo libro, occasione dell’intervista che ha rilasciato a «Il Giornale dell'Arte» (cfr. lo scorso numero, p. 9), L’eradicazione degli artropodi: titolo cacofonico, tutto sommato adeguato a un libro di dubbia correttezza, sia perché pieno di errori e travisamenti di fatti e leggi, sia perché viene meno al fair play professionale.

Diciamolo francamente: speravamo di esserci anche noi di «Il Giornale dell’Arte», cui negli ultimi 10 anni si devono le maggiori inchieste sui Beni culturali in Sicilia (tra le ultime anche una che la vede protagonista; cfr. online, 21 dicembre 2016), tra i destinatari degli strali multidirezionali che uno dei 56 assessori delle quattro giunte Crocetta, Mariarita Sgarlata, seconda delle cinque meteore ai Beni culturali, lancia nel libro. Insomma, sembrava che il nostro giornale fosse utile solo per citare Georges-Henri Rivière (p. 80), anche quando una fonte bibliografica sarebbe stata decisamente più consona a chi pratica la filologia (la Sgarlata è docente di Archeologia all’Università di Catania, Ndr).

Ma la delusione ci è stata alleviata dalla lettura del primo capitolo, «Il sistema dei beni culturali in Sicilia», che sui nostri articoli è in gran parte basato, persino con citazioni letterali, e senza nominare mai la fonte. Un solo esempio. La copiatura alla lettera di un passaggio della nostra intervista all’allora assessore Giovanni Purpura (n. 358, nov. ’15, p. 12), dove scrivevamo: «E come mai si va in controtendenza rispetto alla recente riorganizzazione ministeriale con il mancato riconoscimento dello status di grandi musei alle poche ma importanti e antiche istituzioni museali isolane che, sia per dimensioni sia per patrimonio conservato e gestito, sono ben al di sopra di musei come quelli di Reggio Calabria o Taranto?».

Lo ritroviamo alle pp. 38-39 del libro: «fino ad ora tutte le decisioni prese sono andate in controtendenza rispetto alla recente riorganizzazione ministeriale: una tra tutte è proprio il mancato riconoscimento dello status di grandi musei alle più antiche e rilevanti istituzioni museali isolane che, sia per dimensioni sia per qualità del patrimonio, superano di gran lunga musei come quelli di Reggio Calabria o Taranto».

Dev’esserle piaciuto davvero molto questo nostro passaggio, per riproporlo identico appena due pagine dopo (p. 41), e questa volta proprio sotto la formula interrogativa che avevamo usato noi: «In linea con il riassetto nazionale del Mibact, non sarebbe quindi il caso di attribuire al Salinas e al Paolo Orsi lo status di musei dotati di autonomia gestionale e amministrativa, come peraltro riconosciuto ad altre istituzioni museali dell’Italia meridionale quali i due musei Archeologici Nazionali di Reggio Calabria e Taranto?».

Per gli altri «saccheggi» (che non risparmiano neppure Giuliano Volpe, presidente del Consiglio Superiore dei Beni culturali, nonché curatore della collana che ospita il libro) e gli errori e travisamenti di cui sopra, si rinvia alla versione integrale di questa lettera sul nostro sito.

Silvia Mazza, 13 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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