«Concetto Spaziale, Attese» (1960), di Lucio Fontana. Registrato nella Fondazione Lucio Fontana

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«Concetto Spaziale, Attese» (1960), di Lucio Fontana. Registrato nella Fondazione Lucio Fontana

Repetto Gallery riparte da Lugano

Il nuovo corso inizia con una duplice mostra di Fontana e Melotti. Poi sarà il turno dell’Arte povera e della nuova generazione italiana

Chiusa la lunga stagione a Londra (nove anni, fitti di mostre di celebri artisti e di altrettanto famosi designer e architetti, curate da studiosi come Luca Massimo Barbero e Bruno Corà), Repetto Gallery apre ora a Lugano, inaugurando sabato 8 ottobre la nuova sede in via Clemente Maraini 24, non lontano dal centro culturale LAC: un open space di 300 metri quadrati, illuminato dallo studio Nemo Lighting, nel quale la vocazione espositiva e le postazioni operative convivono armonicamente.

A questo si aggiunge una «private room» dove, fra i 2mila libri della biblioteca specializzata, arredi di design e opere d’arte della collezione privata della famiglia, i collezionisti trovano un’accoglienza colta, rilassante e riservata. La nuova avventura vede anche l’ingresso in galleria della terza generazione, Andrea e Sara Repetto (26 e 25 anni, figli rispettivamente di Carlo e di Saverio).

Nel 1967 fu Aurelio Repetto a fondare la galleria ad Acqui Terme. Il figlio Carlo aprì poi nel 2007, sempre ad Acqui Terme, un proprio spazio con la moglie Anna Maria, per spostarsi nel 2012 a Milano, in via Senato, e trasferirsi nel 2014 a Londra, in Mayfair, con i fratelli Saverio e Paolo: «Con la Brexit, ci dice Carlo Repetto, aveva poco senso rimanere a Londra, che non fa più parte dell’Europa. E poiché viviamo a Lugano, ci è sembrato logico aprire qui, in un Paese che è comunque più “vicino” all’Europa di quanto ormai non sia il Regno Unito». A inaugurare la nuova galleria sarà una mostra (allestita fino al 25 novembre) di Lucio Fontana e Fausto Melotti. «Kénosis» è il titolo, dal greco kenós, vuoto.

Carlo Repetto, perché per l’inaugurazione avete scelto una duplice mostra di Fontana e Melotti?

Perché i due artisti (che erano stati entrambi allievi, a Brera, di Adolfo Wildt, Ndr) si frequentavano, erano amici e condividevano idee e linee di pensiero: entrambi segnarono il distacco dall’arte di gesto, materia e segno dell’Informale. Secondo le parole di Melotti, il Taglio di Fontana è «l’emblematico bisogno di uscire dalla giungla informale». A unirli, infatti, non sono tanto delle affinità estetiche o formali ma una forte affinità di spirito, che conduce entrambi verso uno «svuotamento», una kénosis appunto: così accade con i Buchi e i Tagli di Fontana, così con le sculture «d’aria» di Melotti. Ma la ragione prima per cui li abbiamo scelti, al di là della loro grandezza, consiste nel fatto che li riteniamo i padri spirituali dell’Arte povera e dell’Arte concettuale, nostro campo d’indagine prediletto.

Questa mostra rappresenta quindi una sorta di incipit per la vostra programmazione futura?

Sì, una posa della prima pietra, per proseguire poi con maestri dell’Arte povera come Pier Paolo Calzolari, Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto, e da loro arrivare alle giovani generazioni che portano avanti questo pensiero: parlo di artisti come Arcangelo Sassolino, Francesco Arena, Alessandro Piangiamore.

Quante opere esponete e quali sono le più significative?

In tutto sono una cinquantina. I pezzi più importanti? Di Fontana, sicuramente l’iconico «Concetto spaziale. Attese» del 1962, con tre tagli su rosso, e il rarissimo «Taglio» su oro del 1960. Ci sono poi lavori su carta assorbente e alcune sculture, tra le quali «Donna allo specchio» (1948)e un «Cristo» del 1956-57, entrambi in ceramica policroma, e un «Concetto Spaziale» del 1962-63, in terracotta a lustro ingobbiata. Di Melotti, dipinti su gesso, ceramiche, lavori su carta e otto importanti sculture, esemplari unici degli anni Settanta-Ottanta, tra le quali «Nel Futuro», un imponente ottone dipinto del 1977, alto 175 centimetri, «La creazione del mondo» (1978), realizzata con ottone, tessuto dipinto e gesso, «L’uscita delle Valchirie» (1980), in ottone e tessuto dipinto, e il grande «Tema e variazioni XI» del 1981 (1984), questo di solo ottone.

«Concetto Spaziale, Attese» (1960), di Lucio Fontana. Registrato nella Fondazione Lucio Fontana

Ada Masoero, 06 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

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