Razzani, Serra, Savolini: che sorpresa i pittori barocchi cesenati

Massimo Pulini dedica un triplice catalogo ragionato ad artisti poco noti al di fuori dalla cerchia degli specialisti ma di elevata qualità

«Suicidio di Catone» di Cristoforo Serra (particolare), Ginevra, Galleria Rob Smeets
Edoardo Villata |

Tre artisti nella Cesena del Seicento. Razzani Serra Savolini costituisce, nella sua forma di triplice catalogo ragionato, il punto d’arrivo di una lunga fedeltà di Massimo Pulini ai pittori cesenati del Seicento, poco noti al di fuori di una ristretta cerchia di specialisti, ma caratterizzati da peculiari qualità. Magari qui persino un po’ enfatizzate, come succede ai critici innamorati dei loro artisti.

I primi due pittori, Giovanni Battista Razzani (1603-66) e Cristoforo Serra (1600-89) appartengono alla stessa generazione, ma rappresentano poli, per così dire, opposti. Il primo rappresenta di fatto un prolungamento oltre ogni limite storico della stagione manierista, che a Cesena, pur priva di esponenti locali significativi, aveva lasciato opere del Cavalier d’Arpino, di Ferraù Fenzoni e altri, tra cui il particolarmente interessante Scipione Sacco.

La disamina di Pulini è ampia e sensibile. Mi limito pertanto a osservare che, mentre dimostra sempre impaccio, e talvolta vera goffaggine nelle opere sacre, Razzani ritrova una misura più efficace nella ritrattistica (in gran parte per la famiglia Chiaramonti), come la rude ma a suo modo potente effigie di «Fra Girolamo da Caltagirone» (Cesena, Pinacoteca Civica).
«Fra Tommaso da Caltagirone» di Giambattista Razzani, Cesena, Pinacoteca Comunale
Tutt’altro respiro dimostra la pittura di Serra, pittore di famiglia aristocratica, che dopo la formazione con Guercino, che segue anche a Roma (ben altra esperienza rispetto alle provinciali frequentazioni di Razzani), dove, sospetto, ebbe anche un’imprevista folgorazione per Serodine, il più radicale outsider della pittura italiana del Seicento.

Una volta tornato in patria, Serra non abbandona curiosità e sperimentazione, e instaura un fitto dialogo con Guido Cagnacci, di cui lo intrigano tanto l’esibito erotismo quanto, o più, l’invenzione di una pittura in chiaro. Ma sa anche gestire tematiche e tonalità più sobrie e moralmente impegnative, come dimostra, tra gli altri, il «Suicidio di Catone» (collezione Smeets).

A dire il vero la foto del dipinto sconcerta un po’ chi ha avuto l’occasione di vederlo al passaggio in asta, a Firenze, nel 2018: le condizioni erano allora a dir poco rovinose, ma si leggeva una forza, anche di invenzione, e una qualità pittorica elevatissime, anche superiori a quanto possiamo riscontrare nel pur geniale Serra, e a quanto parrebbe esibire il dipinto dopo un restauro che parrebbe essere stato cosmetico da un lato, ma normalizzante dall’altro.

Intrigano poi alcune invenzioni che si possono definire barocche dell’ultimo Serra: in particolare la zigzagante, scalena invenzione della «Immacolata Concezione con i santi Giacomo ed Erasmo» della Chiesa di Sant’Agostino a Cesena risalente alla fine degli anni Sessanta del Seicento.
«Conversione di San Paolo» di Cristoforo Savolini, Bologna, San Paolo all’Osservanza
Allievo di Serra fu Cristoforo Savolini (1639-77), e in buona misura ne ricevette le coordinate artistiche, anche per quanto riguarda i modelli di riferimento, dalla bottega guercinesca tuttora in piena attività, a Cagnacci, di cui fu anche copista (e Pulini sposta su Savolini alcuni dipinti sinora ritenuti di Cagnacci: sicuramente uno dei punti del libro che farà più discutere).

Ritrattista di valore (forse addirittura, magari per il comune sostrato di conoscenza della pittura veneziana, un immediato precedente di Fra Galgario), ma anche capace di regie complesse, come rivela la «Conversione di san Paolo» oggi in San Paolo dell’Osservanza a Bologna ma in origine a Cesena. In cui anche la conoscenza della pittura fiorentina e senese del Seicento sembra fare capolino. Una «Sacra Famiglia» di ubicazione ignota rivela invece un pittore capace di dialogare anche con il classicismo di matrice reniana, alla Dal Sole o Pasinelli.

Nonostante la precoce e romanzesca morte, sappiamo dal grande storiografo bolognese Malvasia che Savolini ebbe numerosi allievi, tutti a oggi sconosciuti: il lavoro da fare è ancora molto e questo volume ne costituisce un fondamentale punto di avvio.

Tre artisti nella Cesena del Seicento. Razzani Serra Savolini,
di Massimo Pulini, 300 pp., ill., Medusa, Milano 2022,  € 60

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