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Questo Giotto dove lo metto? Silenzio da Diocesi e Soprintendenza

Questo Giotto dove lo metto? Silenzio da Diocesi e Soprintendenza

Laura Lombardi

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Sono iniziati i lavori di restauro della chiesa di San Giorgio alla Costa o dello Spirito Santo, posta al crocicchio delle due strade, dette «Coste», che da Ponte Vecchio salgono verso il Forte Belvedere. Da questa chiesa proviene la «Madonna in trono col Bambino e due angeli», opera giovanile di Giotto, datata al 1288.


L’edificio, ora coperto da ponteggi, versava in uno stato di fatiscenza assai avanzato, tanto che, all’inizio del 2017, la Confsal-Unsa Beni culturali si era rivolta alla Diocesi di Firenze chiedendone il sequestro cautelativo per evitare che fosse «divorata dall’abbandono e dal degrado».


Nel mese di marzo una nuova lettera aperta era stata indirizzata al cardinale Giuseppe Betori: «Ci rivolgiamo nuovamente a Lei anche nella Sua qualità di accademico dell’Accademia Vasariana delle Arti del Disegno che le ha riconosciuto il merito della salvaguardia e conservazione del Patrimonio religioso materiale e immateriale fiorentino».


L’auspicio sarebbe quello di veder tornare nella chiesa la tavola di Giotto, che giace «parcheggiata» nella cassaforte  dell’Opificio delle Pietre Dure, dove è stata ricoverata dopo la mostra a Palazzo Reale a Milano «Giotto, l’Italia» (2 settembre 2015-10 gennaio 2016). «L’opera, che era stata interamente restaurata anni fa, quando fu colpita gravemente dall’attentato agli Uffizi del 27 maggio 1993 (trovandosi in deposito nei locali attigui alla chiesa di Santo Stefano al Ponte), presentava solo un danno lieve, precisa il soprintendente dell’Opificio Marco Ciatti; aspettiamo che la Soprintendenza venga a ritirarla. Li abbiamo sollecitati già da un po’ a questo riguardo».


Ma il punto è forse proprio questo: dove sistemare la tavola? «Ci chiediamo se verrà restituita alla visibilità pubblica o se verrà nuovamente relegata in un «polveroso dimenticatoio» o museo chiuso al pubblico. O forse sarà destinata a un prossimo viaggio mercificante?»: così si conclude la lettera a Betori. La domanda resta al momento senza risposta, poiché né la Soprintendenza fiorentina, nella figura di Andrea Pessina, né il cardinal Betori, pur sollecitati, si sono, per ora, espressi a riguardo.
 

Laura Lombardi, 03 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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