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Quanto «valgono» i due guardiani uccisi

Francesco Tiradritti

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Mustafa Ali (36 anni) e Asrauy (56 anni), due guardiani del Ministero delle Antichità, sono stati uccisi e un terzo è rimasto ferito in uno scontro a fuoco con una banda di criminali avvenuto a febbraio sul sito di Deir el-Bersha in Medio Egitto.

La località si trova di fronte alla città di Mallawi ed è sede di una necropoli con tombe rupestri di epoca compresa tra l’Antico e Medio Regno. La più importante è quella del governatore del Nómo della Lepre Djehutyhotep che già l’anno passato era stata oggetto dell’attenzione dei tombaroli.

Il ministro delle Antichità Mamdouh El-Damaty ha immediatamente stabilito che alle famiglie dei guardiani uccisi sia riconosciuto un risarcimento di 10mila lire egiziane (circa 1.150,00 euro) mentre a quella del ferito 5mila lire egiziane (circa 575,00 euro).

La stessa somma è stata attribuita anche alle famiglie dei due operai rimasti uccisi e di un terzo ferito, sempre nella stessa giornata, a causa dell’esplosione di una mina terrestre nel corso di alcuni scavi del Ministero delle Antichità a Tell Dafana, località archeologica a una quindicina di km a ovest della città di Qantara nel governatorato di Ismailiya.

Per gli standard egiziani i risarcimenti sono più che congrui, visto che un guardiano o un operaio governativo impiegano anni prima di percepire simili cifre. Quando però si compie lo stesso calcolo in valuta occidentale e si realizza che in Egitto la vita di un uomo vale poco più di mille euro, si inorridisce.

Si potrà dire che i quattro dipendenti del Ministero delle Antichità sono stati degli eroi. Quasi di sicuro lo sono diventati loro malgrado. Lo posso dire perché questa gente la conosco bene. Ci lavoro fianco a fianco da quasi trent’anni. Sono sicuro che avrebbero preferito continuare a bere tè, accoccolati vicino ai monumenti per cui hanno perso la vita, e a parlare di donne, di calcio e di soldi. Come un qualsiasi altro uomo di questa terra d’altronde.

Invece si sono trovati costretti a utilizzare i vecchi fucili e le pistole di cui sono dotati che, vedendoli, uno si domanda sempre se poi funzionino davvero. Asrauy è morto subito nello scontro a fuoco, Mustafa Ali, raggiunto da tre proiettili, è invece deceduto in ospedale. Il primo lascia moglie e sei figli. La moglie di Mustafa Ali è invece incinta di due gemelli e ha già due figlie. Lavora come curatrice e restauratrice al Museo di Mallauy, saccheggiato alla fine dell’estate del 2013.

Si parla tanto del pericolo che incombe sulle antichità in Egitto. Si ricordano poco o per niente gli uomini che sono preposti a proteggerle. Non parlo degli archeologi locali o stranieri, ma di coloro che sono in prima linea: guardiani, operai e ispettori. Lavorano tutti per uno stipendio che consente loro di mantenere famiglie, molto spesso numerose come quelle di Asrauy e Mustafa Ali, a patto di svolgere una seconda professione e di non consumare troppa carne nel corso della settimana. Perché prima di pensare a salvaguardare i monumenti non ci curiamo degli uomini che li proteggono giorno dopo giorno?

Bella la recente notizia della creazione con sede a Torino di un gruppo di caschi blu a difesa dei monumenti mondiali, ma non potrebbe la comunità internazionale attuare un piano concreto per aiutare Paesi come l’Egitto che, già al limite delle proprie risorse economiche, fanno il possibile e l’impossibile per custodire l’enorme patrimonio dell’umanità che si trovano a possedere?

La missione dell’Università di Lovanio che opera a Bersha ha aperto una sottoscrizione per aiutare le famiglie di Asrauy e Mustafa Ali.

Francesco Tiradritti, 03 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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