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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliDalla metà dell’Ottocento l’arte sacra scende dagli altari per entrare nei Salons e nelle esposizioni. Un fenomeno al quale è dedicata la mostra «Bellezza divina», a cura di Lucia Mannini, Anna Mazzanti, Ludovica Sebregondi e Carlo Sisi, aperta a Palazzo Strozzi dal 24 settembre al 24 gennaio (catalogo Marsilio). Grazie al rigore del taglio critico e all’attenta selezione di opere, con alcuni capolavori noti e altri quasi sconosciuti al grande pubblico, si documenta, attraverso lo sviluppo di quel genere, il dibattito che anima per quasi un secolo l’arte tra Purismo, Realismo, Estetismo, Arcaismo e Primitivismo, riflesso della temperie culturale di un momento assai complesso della vita europea.
Vi sono alcuni importanti prestiti dall’estero come l’«Angelus» di Millet (opera concepita negli anni del Realismo ma che sarà molto cara ai pittori simbolisti), la «Pietà» di Van Gogh, la «Crocifissione bianca» di Chagall o quella giovanile di Picasso, ma tali dipinti, come pure quelli di Gustave Moreau e William Adolphe Bouguereau, Stanley Spencer e Glyn Warren Phylpot, sono riuniti non tanto per la loro fama o per la loro eccentricità, quanto per l’essere testimonianze significative di pensieri che troviamo anche espressi da artisti italiani quali Antonio Ciseri, che si muove nella linea di Ingres, Domenico Morelli o Giuseppe Catani Chiti, il cui misticismo si traduce in un estetismo dai toni quasi psichedelici, eco di pensieri rosacrociani.
Le sezioni seguono un ordine cronologico ma anche tematico, come quella dedicata alla «Rosa Mystica», con l’auspicata coincidenza tra umano e divino espressa nelle allusioni alla maternità di Maria, ripresa da De Carolis con eleganze mutuate dai preraffaelliti inglesi (che soggiornavano a lungo in Italia), da Munch, con la torbida mescolanza di misticismo e sessualità freudiana, oppure, con suggestive rudezze arcaiche, da Andreotti o da Wildt. La sezione dedicata alla «Vita di Gesù» mostra le suggestioni che gli artisti traggono, per molti decenni e in vario modo, dagli scritti, al limite dell’eresia, del filosofo Ernest Renan. Ma tali sollecitazioni etiche e spirituali si traducono poi in altrettante sperimentazioni di linguaggi, dalla forbita ma inquieta forma delle opere simboliste al Divisionismo di Previati, al Futurismo di Fillia, fino ad arrivare negli anni Trenta alle ricerche di essenzialità formale di Manzù o Fazzini.
Un tema quale la Crocifissione diviene, tra figurazione e informale, un traslato delle tragedie della storia contemporanea nelle opere di Dix, Sutherland, Guttuso e Vedova, per non citarne che alcuni. In questo continuo dialogo dell’arte con letteratura, filosofia e storia, che si chiude con il 1950, l’Anno Santo, si inserisce anche la sezione dedicata a Gino Severini del quale è ripercorsa la produzione svizzera, frutto della condivisione del pensiero teorico di Jacques Maritain.
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