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La Vanagloria, particolare dell’«Allegoria ed Effetti del Buono e Cattivo Governo» (1338-39), di Ambrogio Lorenzetti, Siena, Palazzo Pubblico

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La Vanagloria, particolare dell’«Allegoria ed Effetti del Buono e Cattivo Governo» (1338-39), di Ambrogio Lorenzetti, Siena, Palazzo Pubblico

Piccinni rilegge Lorenzetti

Un volume invoglia a riflettere sul noto affresco del pittore senese in quanto opera d’arte dipinta e, in senso figurato, rappresentazione di un’epoca e di una società

Virtus Zallot

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Nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena, tra il 1338 e il 1339, Ambrogio Lorenzetti (1290-1348) affrescò le «Allegorie ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo», così intitolati secondo una denominazione non del tutto corretta e successiva. L’amplissima stesura pittorica ha prestato scorci e particolari a copertine di molti libri di vario argomento e genere, non solo d’arte, offrendo anche sfondi o icone a conferenze ed eventi. Tale successo dipenderebbe, oltre che da una bellezza apparentemente facile, da una forza comunicativa non smorzata dai secoli e fondata sulla capacità di veicolare princìpi o aspirazioni universali. 

Il volume di Gabriella Piccinni suggerisce una diversa interpretazione critica già nella fotografia di copertina e nel titolo. La prima è dedicata a una porzione d’affresco meno riprodotta di altre: il corteo di cittadini che recano al Buon Governo la lunga corda ricevuta da Giustizia e intrecciata da Concordia. Concretissimi intrusi entro il luogo astratto abitato dalle Virtù, i cittadini non solo visualizzano committenza (non tanto economica ma programmatica) e destinazione di un testo pittorico che parla la loro lingua e a loro si rivolge, ma lo sintetizzano: sono infatti figura della volontà di superare le specificità di ciascuno per perseguire il bene comune, che non è principio teorico, ma scelta e azione politica di un gruppo dirigente in un determinato contesto.

Anche il titolo del libro richiama programma, funzione e momento storico. Piccinni ricostruisce il laboratorio di comunicazione politica integrata e multimediale cui Lorenzetti fornì sostanziale contributo, traducendo in immagini con parole (i versi della «Canzone del Buon Governo» trascritti entro l’opera) fondamenti e intenti che, contemporaneamente e persino lavorando nello stesso edificio, i legislatori facevano convergere nel nuovo Statuto (lo Statuto del Buon Governo).

La lettura secondo categorie contemporanee e l’estrapolazione dalle circostanze impediscono, secondo Piccinni, di leggere l’effettiva valenza di un’operazione complessa e di apprezzare l’intelligenza iconografica di Lorenzetti, non solo pittore ma senese impegnato in prima persona nella politica della sua città.
Entro tale ricostruzione anche il suo realismo assume motivazioni nuove: l’adesione concettuale-formale alla rivoluzione giottesca diviene dispositivo di persuasione-condivisione, poiché la verità di persone, gesti, ambienti e cose conferiva credibilità al messaggio e all’utopia politica.

Significativo è, per esempio, il confronto tra la bilancia della Giustizia di Giotto (nella Cappella degli Scrovegni a Padova) e quella della Giustizia di Lorenzetti: l’una riferimento schematizzato a un oggetto reale, l’altra tanto precisa da poter funzionare. Solo la conoscenza del contesto consente inoltre di apprezzare la forza comunicativa di alcune scelte iconografiche: per esempio della pietra impugnata da Furor, che ai senesi del tempo evocava i molti e recenti tumulti degenerati in sassaiole; oppure dell’abito corto di uno (uno soltanto!) dei ventiquattro cittadini che sfilano nel corteo precedentemente citato. 

Non solo annotazione di costume (probabilmente la più antica attestazione figurata di tale moda in Italia), ma anche dichiarazione di intenti. Mentre infatti le cronache coeve tuonavano allo scandalo, Lorenzetti lo rendeva figura della possibilità o volontà che anche il diverso e il nuovo concorressero al bene comune. Piccinni ci conduce dunque a leggere l’affresco nella doppia accezione che il termine assume: come opera d’arte dipinta e, in senso figurato, come rappresentazione di un’epoca e di una società. Il volume, importante e significativo, conferma l’ineludibile necessità di conoscere la storia e le sue tante storie.

Operazione Buon Governo. Un laboratorio di comunicazione politica nell’Italia del Trecento, di Gabriella Piccinni, 324 pp., 151 ill col., Einaudi, Torino 2022

La Vanagloria, particolare dell’«Allegoria ed Effetti del Buono e Cattivo Governo» (1338-39), di Ambrogio Lorenzetti, Siena, Palazzo Pubblico

Virtus Zallot, 01 novembre 2022 | © Riproduzione riservata

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