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Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliDopo la potenza del marmo di Rodin, le grandi aule delle Terme di Diocleziano, spazio tutt’altro che facile da allestire, accolgono fino al 22 marzo circa 250 scatti di Mario Dondero, uno dei grandi maestri del fotogiornalismo italiano. Di origini genovesi, nato a Milano nel 1928, Dondero entra giovanissimo tra i partigiani e, nei primi anni Cinquanta, intraprende collaborazioni per i quotidiani «L’Unità», «L’Avanti», «Milano Sera» e per il settimanale «Le Ore», scrivendo di cronaca nera.
A spingerlo a passare dalla parola scritta alla professione di fotoreporter fu «sicuramente la difficoltà di fare un reportage completo, testo e foto, come era d’uopo. Ho capito che se, in fin dei conti, avessi avuto qualche rudimento fotografico avrei potuto cavarmela da solo. In ogni caso pensavo di essere assolutamente negato», ha confessato in un’intervista di tre anni fa. È il periodo del mitico Bar Jamaica, punto d’incontro di artisti, fotografi, intellettuali.
La mostra parte da qui e dal periodo subito successivo a Parigi, città in cui Dondero si trasferisce nel 1954 e dove frequenta e ritrae scrittori e intellettuali francesi (famoso lo scatto del 1959 del gruppo del Nouveau Roman immortalato davanti alle Editions de Minuit). Non manca un omaggio a Robert Capa, di cui Dondero ammira coraggio, umanità, allegria, amore per la gente, senso di giustizia e finezza d’osservazione: in mostra è una foto della collina dove Capa immortalò il miliziano della guerra civile spagnola.
La sezione «La passione per la politica e la storia» raccoglie i reportage sulla guerra algero-marocchina, il processo Panagoulis, la Roma degli anni Sessanta con Pasolini, Moravia, Parise e Giosetta Fioroni, la Francia dagli anni Settanta ai Novanta, crocevia di mondi e culture. «In cammino per il mondo» racconta i rivolgimenti a Cuba, in Brasile, in Cambogia, nei Paesi africani e arabi, ma anche paesaggi e personaggi straordinari. Infine «La grande svolta della politica internazionale» restituisce gli anni a noi più vicini, la caduta del muro di Berlino, la Russia dell’Urss e quella di Putin, l’Afghanistan.
Ai tanti scatti in bianco e nero, da lui stesso definito il «colore della verità», si affianca una produzione a colori vera e propria, in gran parte mai pubblicata. Il catalogo segna l’esordio della collana Electaphoto dedicata alla fotografia e contiene testimonianze inedite di amici, artisti, giornalisti, intellettuali, politici e colleghi.
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