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Pellegrinaggi ruskiniani con Marcel Proust

Luca Scarlini

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La Bibbia di Amiens di John Ruskin è uno dei testi cardine dell’estetismo: una sequenza di pagine di grande forza evocativa che il grande scrittore e critico inglese dedicò alla cattedrale di Amiens, luogo capitale e perfettamente simbolico della visione del Medio Evo.

Nella visione di questo squisito scritto proustiano, mancano nella versione italiana i numerosissimi riferimenti ruskiniani che si trovano nella traduzione che l’autore aveva fatto del testo (pubblicata da Proust presso Mercure de France nel 1904), dedicando il lavoro a Léon Daudet, nell’idea che fosse necessario creare per il lettore una cassa di risonanza, in modo da permettergli di cogliere il giusto contesto per le pagine evocative dell’autore inglese. In questa silloge resta però intatto lo spirito di un dialogo in cui i due autori entrano in perfetta sintonia, come nel passo, memorabile, in cui si deplora che nella cattedrale il sobrio e serio sant’Onorato sia stato sostituito da una gaia madonna, decisamente troppo soubrette, addirittura «decadente», con «un’aureola un po’ inclinata, come un cappello che le vada troppo a puntino».

La prosa proustiana disegna insomma un vero e proprio pellegrinaggio ruskiniano, in cui sono indicate anche le pasticcerie in cui acquistare le giuste torte, atto preparatorio alla improvvisa visione del tempio, che va goduto lentamente, senza tenere d’occhio l’orario dei treni, nell’ansia di perdere l’ultima opportunità di ritorno a Parigi. La lentezza, spiega insomma il maestro del racconto del tempo perduto, è la garanzia di poter entrare, nell’immaginazione, nella visione beatifica di quell’epoca di mezzo, in cui erano maestri nello scolpire santi e biancospini.

John Ruskin, di Marcel Proust, traduzione di Paolo Serini, 62 pp., Castelvecchi, Roma 2016, € 9,50

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Luca Scarlini, 02 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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Pellegrinaggi ruskiniani con Marcel Proust | Luca Scarlini

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