Giovani delle periferie, malate di mente, eroinomani, prostitute, artiste circensi in India, donne anziane in cerca di un gigolò a Miami, bambine precocemente invecchiate e casalinghe dell’America profonda. Sono le protagoniste della mostra «Mary Ellen Mark: Vite di donne», che inizia dalla Fundación Foto Colectania di Barcellona (fino al 31 luglio), un tour che la porterà prima a Lenzburg (Svizzera) e poi a Parigi.
«Voleva essere la portavoce dei più deboli, si lasciava coinvolgere, stabiliva un rapporto con i soggetti delle sue immagini e non li abbandonava più», spiega la curatrice Anne Morin. È il caso di Tiny, protagonista di due libri e due documentari, uno candidato all’Oscar. «L’ha conosciuta quando aveva 13 anni, era tossicomane e si prostituiva, e l’ha fotografata per più di 30 anni, per raccontare la sua lotta contro la droga e la povertà, da adolescente a madre di 10 figli. Ogni reportage lo viveva come una discesa all’inferno, che affrontava con una calma quasi mistica», continua Anne Morin.
Le donne che raccontano la loro storia attraverso l’obiettivo di Mary Ellen Mark (Filadelfia, 1940-New York, 2015) hanno un punto in comune: vivono ai margini della società, non hanno voce né potere, eppure il loro sguardo risulta sconvolgente perché trasmette forza, mai rassegnazione. Stava documentando le riprese di «Qualcuno volò sul nido del cuculo», in un reparto femminile di massima sicurezza dell’Oregon Psychiatric Hospital, quando capì che tipo di fotografa voleva essere. E anche se per finanziare i suoi progetti personali continuò a riprendere i set di numerosi film, da «Apocalypse Now» di Francis Ford Coppola all’«Amarcord» di Federico Fellini, amava ripetere «Fotografo il mondo cosi com’è. Non c’è niente di più interessante della realtà».
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